Alessandro Bollo Direttore del Polo del '900

Cultura e partecipazione. Il binomio possibile del Polo del '900. Intervista ad Alessandro Bollo

Intervista di Silvia Sardi, Torino, giugno 2019

Siamo andate ad intervistare Alessandro Bollo, Direttore del Polo del '900. Alessandro, laureato in Economia e Commercio, esperto di management e progettazione culturale e co-fondatore della Fondazione Fitzcarraldo ci racconta idee, riferimenti e speranze per quella che è una struttura italiana, ma di ispirazione nordica che punta con insistenza sul concetto di "cultura partecipativa".

Alessandro sbaglia chi accosta il termine "cultura" a quello di "marketing"?

Assolutamente no, è un tema che da vent'anni si discute, oggi fortunatamente siamo oltre, in un contesto in cui le attività culturali possono ripensare il proprio ruolo rispetto alla collettività e alle competenze manageriali.

Innovare vuol dire pensare in maniera progettuale.

Pensare progettuale sulla qualità dei contenuti, sulla modulazione dei linguaggi e sulla qualità dell'esperienza che si offre e quindi sulla comunicazione e il marketing. È un approccio sistemico quello che oggi le organizzazioni culturali devono avere: questo è l'elemento di sfida e di complessità.

Quali sono le difficoltà che si incontrano quando  si deve promuovere un'attività culturale?

Più che difficoltà ci sono possibilità, oltre alle zone di comfort che parlano a un pubblico già abituato e aderente a quello che l'ente organizza ci sono progetti che colgono delle vere e proprie sfide. La difficoltà cresce, ad esempio, quando si sviluppa un tema sconosciuto e si deve rimodulare la propria offerta a un pubblico che normalmente non frequenta e non "è esposto": in questo caso ci si mette in gioco.

 C'é anche un tema generazionale?

Sicuramente c'è un tema generazionale e delle nuove leve che devono prendere più spazio, realtà culturali nuove, che sono nate da poco e che hanno degli approcci diversi, proprio perché sono nuove e crescono in un contesto che è molto diverso da quello di 10, 20, 30 anni fa: il nuovo approccio ad esempio non dà per scontato che la cultura possa essere sponsorizzata esclusivamente dal contributo pubblico, ma che ogni progetto vada conquistato relazionandosi anche con industrie private e quelle creative. Prima infatti c'era una pratica canonica di relazione tra cultura e soggetto pubblico. Oggi invece fin dall'inizio ci si chiede a chi è indirizzato il progetto, quale valore produce e chi può essere il compagno di viaggio dal punto di vista della sostenibilità. Il Polo del '900 è un esperimento che fa propria questa commistione tra pubblico e privato: Città di Torino, Regione Piemonte e Compagnia di San Paolo, collocandosi appunto nel tema di un'innovazione culturale che è sempre funzionale all'impatto civico, all'endors engagement e ai nuovi partneriati. 

Con i new media è cambiata il modo di fare cultura. Secondo te come si concretizza l'idea di lavorare a favore di una cultura partecipativa sempre più allargata?

Innanzitutto è fondamentale rendersi conto che non esiste un modello, un unico modo di fare, ma anzi: nella progettazione le persone non sono i destinatari finali, ma sono dei compagni di viaggio che possono co-creare e co-partecipare all'idea. L'"ecosistema del Polo" ha dato il via proprio ad un progetto sui giovani, un gruppo di 30 ragazzi che nell'arco di un anno hanno la possibilità di organizzare, all'interno degli 8000 mt di spazio, un festival culturale secondo un'attività performativa condivisa nella quale si interagisce con gli enti e con il territorio.

Ad esempio lo scorso anno è stata portata avanti una proposta artistica di battle rap sul tema dell'indifferenza con un focus su personaggi quali Gramsci e Gobetti. Questo è un esempio di co-progettazione non "calata dall'alto", ma che punta sull'autonomia e sull'empowerment personale e di gruppo.

C'è una realtà alla quale vi avvicinate come mission, che sentite vicina?

Certamente ci sentiamo vicini alle realtà danesi, Centri culturale ibridi, dove c'è lo spazio formativo, la biblioteca, il cinema, lo spazio bimbi. Diversi anni fa viaggiando per la Commissione Europea ho visitato svariati centri nei quali il luogo era concepito come uno spazio di attraversamento quotidiano, in cui la cultura diviene un fatto ordinario e polifunzionale. 

Un esempio? Basta guardare lo spazio Dokk1, ad Aarhus in Danimarca, un posto dove è possibile, in osmosi tra cultura e funzioni, svolgere normali pratiche comunali quali il rinnovo carta di identità e il pagamento delle tasse. Il tutto all'interno di una Biblioteca, di un Centro culturale che nasce di fatto con l'intenzione di unire le persone nei valori più sani della vita, dove ogni individuo impara a essere tassello fondamentale della società.  

Come vedi il Polo del '900 tra 10 anni? 

Lo vedo ancora più vitale e articolato nelle attività, lo vedo completo delle parti infrastrutturali che mancano, ma soprattutto vedo ed immagino una grande Piazza urbana, dove il fuori fa da incipit a ciò che accade all'interno. Un obiettivo, una speranza. 

 Per scoprire tutte le attività del Polo del '900 seguite il sito ufficiale!

 

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