"Sui neofascismi dico che forse non abbiamo mai fatto veramente i conti con il nostro passato". Intervista a Guido D'Agostino

"Sui neofascismi dico che forse non abbiamo mai fatto veramente i conti con il nostro passato". Intervista a Guido D'Agostino

Intervista a Guido D'Agostino di Gioconda Fappiano

Ritorno del Fascismo storico o nuove forme di squadrismo nero? Cosa ci racconta la nuova violenza esibita nelle recenti manifestazioni NO VAX che hanno attraversato il Paese?  Ne parliamo con il professore Guido D’Agostino, docente di Storia Moderna e Storia del Mezzogiorno all'Università Federico II di Napoli , presidente dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza,  membro del Direttivo dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia di Milano e vicepresidente della Sezione Italiana della Commission internationale pour l’Histoire des Assemblées d’Etats et des Institutions Representatives.

Professore D’Agostino, la violenza del raid condotto lo scorso 9 ottobre contro la sede nazionale della CGIL a Roma, nell’ambito di una manifestazione contro il Green Pass, è stata da più parti interpretata come una replica dello squadrismo fascista di triste memoria. Secondo lei quali sono le eventuali somiglianze e le differenze rispetto al passato?

Come tanti, tantissimi italiani antifascisti sono rimasto sgomento da quanto visto nel corso della manifestazione del 9 ottobre scorso. Mi riferisco, su tutto, all’assalto alla sede della CGIL da parte di squadristi di impronta, o matrice, fascista. Somiglianze nette nelle modalità e nella violenza esibita e praticata nella circostanza con il fascismo storico vissuto nel nostro Paese, questo non so dirlo; ma mi è parso soprattutto di rivedere le recenti aggressioni in occasione degli attacchi furiosi e terroristici di cui sono state oggetto sedi istituzionali e di governo USA, sobillati dallo stesso Trump in procinto di lasciare la scena politica americana. Raffronti, nel nostro caso, tra presente e passato sono plausibili, ma non mi appaiono la reazione più appropriata e immediata. Il richiamo di tipo storico può essere pertinente, ma abbiamo assistito a qualcosa che è proprio, e si ripete, in tutti i casi di violenza politica e sociale. Il discorso andrebbe spostato sulle cause da cui i manifestanti sono stati spinti ad agire, e sui fini immediati che si sono proposti, nelle circostanze precise del 9 ottobre.

Tra i manifestanti violenti sono stati individuati ed arrestati esponenti degli ex NAR e pregiudicati e volti emergenti di Forza Nuova, partito fondato dai fascisti Fiore e Morsello. La sindaca di Marzabotto -Valentina Cuppi- ha immediatamente lanciato una petizione su Change.org per mettere al bando tutte le formazioni di estrema destra. Lo stesso ha fatto l’ANPI chiedendo di sciogliere Casa Pound, Forza Nuova, Lealtà Azione, Fiamma Tricolore. Pd e 5 Stelle hanno invece depositato alla Camera una mozione per sollecitare anche loro il Governo in tal senso. Il ricorso all’art. 3 della legge Scelba quante volte è stato praticato nella storia d’Italia dopo la caduta del Fascismo?

 Nella Costituzione italiana è bandita, ed espressamente vietata, la ricostituzione del partito fascista ed ogni intenzione o iniziativa che ne propugni il ritorno, lo esalti o ne solleciti qualsiasi forma di replica. Non è bastato, se è stata necessaria la successiva promulgazione della legge Scelba (ministro dell’Interno, senza particolare trasporto per l’antifascismo). Ma neppure essa è stata risolutiva, pur se ha trovato alcune occasioni di applicazione (e neppure tante, in verità). Nei confronti del MSI, nato dalle ceneri del PNF, ad esempio, è finito con il prevalere un atteggiamento ‘politicistico’ di prudenza e convenienza, di dichiarata convenienza di consentirne vita ed esistenza formalizzata e partitica, piuttosto che spingerla ai margini e fuori del contesto nazionale. Allo stesso modo mi sembra si sia ragionato e si ragioni anche oggi, nei confronti di Forza Nuova, che si sarebbe dovuto espungere e respingere con rigore e vigore.

 

La galassia NO VAX è estremamente variegata eppure, inconsapevolmente o no, ha fatto da scudo agli squadristi neri. In Italia si pensava che il Fascismo fosse un male finito. Come mai i segnali di ripresa non sono stati colti per tempo? L’Italia Repubblicana nata dalla Resistenza ha ancora anticorpi sufficienti per fronteggiare questo male?

Anche a mio giudizio, lo squadrismo nero ha profittato dei movimenti in atto (No Vax e No Green Pass, verso i quali personalmente ho la massima contrarietà) per attuare la sua propria scellerata iniziativa.

Su questi ultimi movimenti, appena citati, confermo il mio giudizio negativo ma provo a rispondere sui due temi che mi sono proposti: in primo luogo a proposito della mancata avvertenza o incapacità di prevedere e prevenire l’esplosione della violenza fascista.  Osservo che c’ è stato detto che la cosa era stata segnalata in tempo utile ma che bloccarla sul nascere ne avrebbe acuito il tasso di caos violento!

In secondo, circa gli anticorpi che il Paese nato dalla Resistenza dovrebbe possedere per fronteggiare eventi e processi del genere, mi viene da ricordare un recente libro dello storico Filippi in cui si sostiene che se siamo ancora fascisti ciò è dovuto al fatto che

non abbiamo mai fatto veramente i conti con il nostro passato ed anzi caduta la dittatura la questione è stata rimossa, senza che si procedesse ad una sorta di vaccinazione ideologica di massa che sarebbe stata necessaria.

In questo modo, la ‘malattia’ non è stata più messa in discussione e non trattata quindi come qualcosa di pericoloso e suscettibile di ritornare tra noi, pur con le dovute, inevitabili ‘varianti’.

I sindacati negli ultimi anni fanno fatica a tenere insieme i temi del lavoro e dello sviluppo compatibile con quelli dell’antifascismo. Molti lavoratori inoltre non si sentono più sufficientemente tutelati e rappresentati né dai sindacati né dai tradizionali partiti politici della Sinistra. Se lei dovesse individuare le cause di questo scollamento quali sarebbero? 

La crisi dei sindacati mi appare grave ed evidente, e può raffrontarsi a quella parallela dei partiti. Siamo diventati non più una comunità più o meno coesa, ma di certo collegati al proprio interno da valori e comportamenti condivisi anche se orientati in modo vario e diverso. Siamo piuttosto un insieme di individui assolutamente isolati, disgiunti, frammentati, affetti da ipersoggettivismo straniante e alienante; ciascuno è solo, segue mozioni ed emozioni, ma non idee, progetti, prospettive.

E’ come vivere in un permanente, unico presente istantaneo, senza riuscire a considerarlo e viverlo come presente “esteso”, cioè radicato nel passato e proteso verso il futuro.

In tale situazione mancano punti di appoggio, reti di collegamento tra sociale, politico e istituzionale, configurazioni della nostra realtà e in genere della vicenda umana, che sono appunto assolutamente indispensabili e necessariamente interconnesse tra loro.

La Costituzione sembra non trovare ancora piena applicazione prestando così il fianco a tanti che vorrebbero dare dei colpi di spugna sulla Storia, dicendo che il Fascismo ebbe alcuni grandi meriti fatta eccezione per le leggi razziali. In una situazione attuale così complessa, secondo lei come si può esercitare una buona pedagogia repubblicana?

Una buona pedagogia repubblicana si rende urgente e "necessarissima", attraverso scuola, formazione, educazione, ma pure esempi e modelli. Occorre cultura e cultura politica senza cui spariscono la politica stessa e la democrazia. Quest’ultima è teoria e prassi di estrema complessità e delicatezza, da maneggiare con la massima cura. Essa è un insieme prezioso di diritti e di doveri, di regole da rispettare nel contesto della convivenza civile alla cui base ci sia la cittadinanza militante, avendo ben chiaro in mente che dentro un campo di democrazia ci sono i "regimi ordinamentali" ma anche il confronto e il conflitto che possono e quando sia il caso devono essere chiamati in causa per contrastarli e combatterli, ma senza il ricorso alla violenza e all’illegalità. Cambiare il mondo si può, ma senza spargimento di sangue che innesca a sua volta reazioni a catena. Nel corso della rivoluzione francese, anzi al suo momento iniziale, le parole d’ordine sono state libertà, fraternità e uguaglianza, o solidarietà, e ancora nel cuore del Novecento si è agito nel nome della giustizia e della libertà. Quante guerre ci vogliono ancora perché si capisca tutto questo?                                                                                      

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