Il cambiamento climatico corre più veloce dell'evoluzione. Mentre le specie sulla Terra si sono adattate e mutate nel corso di milioni di anni, rispondendo ai lenti cambiamenti dell'ambiente, oggi si trovano di fronte a un dilemma senza precedenti. L'accelerazione con cui l'atmosfera, i mari e le terre stesse stanno subendo alterazioni ha raggiunto un ritmo tale da superare la capacità di molte forme di vita di adeguarsi. In questo scenario, non solo gli ecosistemi sono a rischio, ma anche le intricate relazioni tra le specie e le risorse di cui dipendono. L'orologio del tempo geologico, che una volta scandiva il lento ritmo dell'evoluzione, sembra adesso ticchettare in maniera frenetica. C’è ancora speranza? L’abbiamo chiesto ad Andrea Giuliacci non è solo il volto familiare delle previsioni meteo che abbiamo imparato a conoscere in tv, ma è un esperto nel campo climatico. Docente di Fisica dell’atmosfera all’Università degli Studi di Milano Bicocca, ha dedicato la sua vita allo studio dei meccanismi complessi che governano il nostro clima. Attraverso le sue numerose pubblicazioni scientifiche, ha approfondito l'influenza del fenomeno El Niño-Southern Oscillation sul clima italiano. Autore di molti libri di meteorologia e climatologia, è anche parte attiva di Climate Without Borders, un network globale di meteorologi televisivi con l'obiettivo di diffondere una corretta informazione sul cambiamento climatico.
Proprio nei giorni del caldo torrido che attraversa il nostro paese e diversi paesi del mondo Andrea Giuliacci fa un passo ulteriore. "Nella peggiore delle ipotesi", edito da Rizzoli, come suggerisce il titolo, ci porta in un viaggio attraverso le possibili conseguenze del riscaldamento globale.
Da un Polo Nord senza ghiaccio a città che cambiano colore, da mutamenti geopolitici a dinamiche sociali trasformate, ci mostra un futuro in cui tutto ciò che conosciamo è destinato a mutare. Ma, come sottolinea l'autore, non tutto è perduto. Abbiamo gli strumenti e la capacità per affrontare e, speriamo, invertire molte di queste tendenze. Attraverso le pagine del suo libro, Giuliacci condivide con noi sia le sfide che le soluzioni, offrendoci una visione chiara di ciò che possiamo fare insieme per garantire un futuro più luminoso.
Professore l’introduzione del suo libro inizia con un accenno autobiografico sulla neve a Milano che era una costante un pò di anni fa. Oggi invece sappiamo che la neve si vede sempre meno. Cosa dicono i dati raccolti dagli strumenti metereologici a disposizione?
Nevica di meno, ed è un’evidenza forte. In generale se le temperature aumentano, e questo ce lo dicono i dati oggettivi, le condizioni per la neve non ci sono più. Una delle conseguenze più evidenti del cambiamento climatico è proprio questa. Un cambiamento sotto gli occhi di tutti.
Cosa comporta in termini concrete un mondo con sempre meno ghiaccio e neve? Un mondo nel quale si rimpicciolisce sempre più la calotta polare artica?
Tante cose. Le conseguenze sono molteplici. La scomparsa del ghiaccio artico estivo ha effetti significativi sul sistema climatico globale. Albedo è una misura di quanto la superficie terrestre riflette la radiazione solare. Superfici chiare, come il ghiaccio e la neve, hanno un albedo elevato, il che significa che riflettono una grande parte della radiazione solare entrante.
Le superfici scure, come l'acqua dell'oceano, hanno un albedo basso, assorbendo così una quantità maggiore di energia solare.Quando il Polo Nord è coperto di ghiaccio, la luce del sole viene in gran parte riflessa nello spazio a causa dell'alto albedo del ghiaccio. Tuttavia, quando il ghiaccio si scioglie, l'acqua dell'oceano sottostante, che è più scura, viene esposta. Questa acqua assorbe una quantità maggiore di energia solare, aumentando la temperatura dell'acqua.
L'energia solare accumulata nell'acqua dell'oceano durante i mesi estivi viene poi rilasciata sotto forma di calore durante i mesi autunnali e invernali. Questo calore rilasciato può influenzare i modelli atmosferici e oceanici, con conseguenze sul clima a livello regionale e globale.
Poi ci sono conseguenze geopolitiche, sui trasporti. Ad esempio con il progressivo scioglimento del ghiaccio artico, emergono nuove rotte navigabili. Durante l'estate, anziché dover navigare attraverso il Canale di Panama, le navi potrebbero attraversare direttamente l'Artico per collegare l'Atlantico al Pacifico. Questo non solo abbreverebbe significativamente le distanze di viaggio, ma potrebbe anche ridurre i costi e il tempo di trasporto.
Si stima che i fondali dell'Artico nascondano vasti giacimenti di risorse energetiche, come gas naturale e petrolio. Se in passato queste riserve erano ritenute inaccessibili e quindi economicamente non sfruttabili, l'attuale ritiro del ghiaccio marino le sta rendendo sempre più accessibili e appetibili per l'estrazione. Questa prospettiva potrebbe innescare una corsa all'oro nero dell'Artico, con molte nazioni desiderose di capitalizzare su queste risorse preziose. La crescente importanza dell'Artico ha portato le nazioni circostanti a valutare e, in alcuni casi, a rivendicare attivamente le loro pretese sulla regione. Questo ha avuto come conseguenza un aumento delle tensioni geopolitiche. Un esempio emblematico di questo è l'azione della Russia che, già anni fa, ha simbolicamente piazzato la sua bandiera sul fondale marino al di sotto del Polo Nord, segnalando le sue ambizioni territoriali e le sue rivendicazioni nella regione. In sintesi, mentre il cambiamento climatico sta trasformando l'ecosistema dell'Artico, sta anche ridefinendo il panorama geopolitico della regione. Le nazioni circostanti l'Artico stanno attivamente rinegoziando la loro posizione e strategia in relazione alle nuove opportunità e sfide presentate dalla scomparsa del ghiaccio marino.
Nel libro parla di una relazione che mi piacerebbe approfondire tra clima e geopolitica. In che modo il primo fattore influisce sul secondo?
Il collegamento è evidente: un cambiamento nel clima comporta una trasformazione delle condizioni ambientali in cui un'intera nazione vive, e l'effetto immediatamente visibile sono le migrazioni indotte dal clima. Le nazioni più vulnerabili spesso non hanno alternative. Infatti, anche il Pentagono riconosce che la più grande minaccia all'equilibrio mondiale è rappresentata dal cambiamento climatico, capace di generare sconvolgimenti rapidi e imprevisti.
C’è un paragrafo “Speci aliene alla conquista del territorio” in cui parli del caso del Texas. Cosa è accaduto e cosa ci insegna?
La vicenda del Texas ricorda una trama da romanzo di fantascienza, un esperimento umano che ha avuto esiti inaspettati. Tutto ebbe inizio quando degli apicoltori in Sud America, ambendo a una produzione di miele superiore, decisero di incrociare le api locali con le varietà africane, notoriamente più aggressive e produttive. Tuttavia, ciò che non avevano previsto era la capacità di queste api di adattarsi e prosperare in nuovi ambienti, facilitato dai cambiamenti climatici. Con un clima in continua evoluzione, queste api hanno potuto estendere il loro raggio di azione in aree precedentemente inospitali.
Anche l'Italia non è esente da sfide simili. Circa un migliaio di nuove specie aliene hanno fatto la loro comparsa nel Paese. Queste specie, mentre possono portare diversità, rappresentano una minaccia per le specie autoctone, poiché competono per le risorse e alterano gli equilibri ecologici preesistenti. Un esempio particolare può essere osservato nelle Alpi. Qui, a causa dei cambiamenti climatici, le api sono ora in grado di sopravvivere anche ad altitudini più elevate. Tuttavia, queste zone montane ospitano specie particolari che si sono evolute in un regime climatico molto specifico. Queste specie non sono abituate a competere con altre specie per le risorse e potrebbero non essere in grado di difendere il proprio territorio. La convivenza con nuovi arrivati, come le api, potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza di queste specie indigene.
Molto darwiniano questo discorso.
Si Darwin avrebbe detto senz’altro che il clima corre più dell’evoluzione, che corre così rapido e per questo tante specie sono in estinzione. Motivo per cui è pericoloso anche per l’uomo.
Sempre riallanciandoci a grandi classici c’è una sezione del suo libro dedicata all’impatto del clima sul nostro benessere fisico e mentale. Ci sono riferimenti interessanti a quel rapporto "popoli-clima-costituzione" di cui parlava nel testo De l'esprit des lois Montesquieu.
Si, la correlazione tra l'aumento delle temperature e un incremento dei comportamenti criminali e violenti è stata oggetto di numerosi studi nel corso degli anni. Una relazione particolarmente intrigante riguarda l'effetto delle temperature sulle manifestazioni di ostilità online. In uno studio condotto tra il 2014 e il 2022, sono stati analizzati circa 400 miliardi di dati attraverso algoritmi di intelligenza artificiale. I risultati di questa ricerca hanno rivelato una tendenza interessante: con l'aumento delle temperature, cresceva anche la frequenza dei messaggi d'odio sui social media. Questo suggerisce che le fluttuazioni climatiche potrebbero non solo avere un impatto sul nostro comportamento nel mondo reale, ma anche sul modo in cui interagiamo e comunichiamo nel mondo virtuale.
Più caldo equivale a più inquinamento? Perché?
Durante l'estate, uno dei principali problemi ambientali a cui dobbiamo far fronte è l'inquinamento da ozono troposferico. L'ozono è un gas naturale che, se presente nella stratosfera, protegge la Terra dai dannosi raggi ultravioletti del sole. Tuttavia, a livello del suolo (nella troposfera), può diventare un inquinante nocivo, spesso chiamato "ozono cattivo". Nel periodo invernale, non osserviamo alti livelli di ozono troposferico. Questo perché l'ozono al livello del suolo non è direttamente emesso dalle attività umane. Piuttosto, è formato attraverso reazioni chimiche tra ossidi di azoto e composti organici volatili in presenza di luce solare. Pertanto, l'ozono troposferico si forma tipicamente quando sono presenti due ingredienti chiave: elevate temperature e forte radiazione solare. Questi due fattori sono comunemente associati ai mesi estivi. Le reazioni chimiche che convertono gli ossidi di azoto in ozono richiedono l'energia fornita dalla luce solare e sono accelerate da temperature più calde. Ecco perché l'inquinamento da ozono è tipicamente un problema estivo. Tuttavia, con l'incremento delle temperature globali a causa dei cambiamenti climatici, ci può aspettare che l'ozono troposferico possa persistere come problema per un periodo più lungo durante l'anno, non limitandosi solo ai mesi estivi. Questo potrebbe portare a un aumento dei giorni con qualità dell'aria compromessa, con potenziali ripercussioni sulla salute umana e sull'ambiente.
Secondo lei come finirà?
Il cambiamento climatico è una realtà con cui dobbiamo fare i conti. La scienza è chiara: nel breve termine, il clima continuerà a mutare a causa dei gas serra che abbiamo già rilasciato nell'atmosfera. Tuttavia, possediamo le risorse e le capacità per adattarci a queste variazioni. Nel lungo periodo, attraverso misure di mitigazione, possiamo sperare di stabilizzare e, in ultima analisi, invertire alcuni di questi effetti. Ma nel breve termine, la situazione rimane critica. Per vedere un vero cambiamento nella traiettoria attuale, dovremmo adottare misure che, al momento, sembrano al di fuori della nostra portata. Questo richiederà una trasformazione profonda delle nostre abitudini quotidiane e della struttura delle nostre città. Tuttavia, con il passare del tempo, osservo un crescente livello di consapevolezza tra la popolazione, il che fornisce speranza per il futuro. Ad esempio la Nature Restoration Law di recente introduzione sicuramente può portare dei benefici all’ambiente, ma va interpretata bene per evitare polarizzazioni e disagi economici e sociali.
Foto copertina home: Roxanne Desgagnés
Foto articolo: Pixabay, Canva.