La Svolta. Dialoghi sulla politica che cambia. Intervista a Sabino Cassese

La Svolta. Dialoghi sulla politica che cambia. Intervista a Sabino Cassese

Intervista di Antonella Vitelli, Torino, aprile 2019

Com'è cambiata la democrazia e cos'è accaduto di così importante nel biennio 2017-2018 per parlare di "svolta"? Non potevamo parlarne che con il Professor Sabino Cassese, giurista, accademico e giudice emerito della Corte Costituzionale. Uscito da poco il suo nuovo libro intitolato proprio La Svolta. Dialoghi sulla politica che cambia.

Professor Cassese esattamente un anno fa è uscito "La democrazia e i suoi limiti" (Mondadori), un lavoro di analisi sviluppato attorno al concetto di democrazia. Professore cosa sta succedendo alla democrazia?

Attraversa  una fase di crisi, come dimostrato dall’elezione di Trump, dalla vicenda Brexit, da quel che succede in Polonia e Ungheria, da quel che si verifica in Italia. La morfologia della crisi è quasi dovunque diversa, ma vi è una costante, lo “sfarinamento” dei partiti. Questi erano il pilastro dei rapporti tra società e Stato. Hanno abusato di questo ruolo. Si sono “liquefatti”.

Qualche anno fa ha scritto “La democrazia maggioritaria, che attribuisce al popolo il potere di scelta del governo, togliendolo sia ai partiti sia al Parlamento, finisce inesorabilmente per produrre due effetti: rafforzare l'esecutivo rispetto al legislativo e diminuire il pluralismo”. Professore ci sono dei contesti o delle condizioni nelle quali la democrazia diretta può funzionare?

La democrazia diretta (referendum) ha molti limiti intrinseci. Si presta ad essere usata per decisioni semplici, quando basta dire si oppure no, non per decisioni complesse. Non può essere usata per decisioni come quelle fiscali. Va coniugata con la democrazia indiretta o rappresentativa. Non riesce a coniugarsi con il pluralismo. Inoltre, i referendum si prestano ad essere manipolati da minoranze. 


A distanza di un anno da "La democrazia e i suoi limiti" è uscito il suo ultimo lavoro edito da Il Mulino che si chiama "La svolta. Dialoghi sulla politica che cambia". Professore nel libro definisce il “cruciale” il biennio 2017-2018. Cosa è successo in questi due anni di così importante nel mondo?

Critiche crescenti all’Unione europea. Una inaspettata vittoria negli USA e in Francia di “outsiders”. L’incapacità di decidere della democrazia britannica. L’elezione di forze nuove in Italia, con un non previsto accordo, che sta mostrando la corda dopo meno di un anno.


Professore in Italia vediamo per la prima volta l’affermarsi di due realtà politiche anti sistema. Perché? Cos’è cambiato nella percezione degli italiani?

Fa bene a parlare di percezione. Si temono gli immigrati, ma ne abbiamo di meno degli altri Paesi europei. Si teme la criminalità, che è in diminuzione. Si temono i rilievi dell’Unione europea, che sono invece a nostro favore. Insomma, si afferma una presentazione o narrazione della realtà che è diversa dalla realtà vera, misurata dalle statistiche.


Professore negli ultimi anni i partiti si sono focalizzati troppo sul concetto di leadership e spesso queste leadership sono apparse troppo conservative e poco aperte al mondo giovanile. Che ne pensa? La necessità di dare un’idea di continuità, anche rispetto ai mercati e agli investitori, ha di fatto inibito un cambiamento generazionale nel nostro Paese?

I partiti attirano sempre di meno, hanno pochissimi iscritti. Pensi al M5S, che ha 112mila iscritti certificati e raccoglie 10 milioni di voti. Quindi, vi sono sempre meno giovani che intraprendono la carriera politica, attraverso i partiti.


Cosa manca secondo lei alla sinistra italiana e Zingaretti da dove bisognerebbe ripartire per esprimere un’idea alternativa di società?

Dovrebbe partire dalla formulazione di un programma, un programma che metta al suo centro il lavoro, mentre i provvedimenti di questo governo premiano il non-lavoro  (pensione, nel caso di quota 100; sussidio nel caso del reddito di cittadinanza)

Nel suo ultimo libro ha dedicato un capitolo all’Europa. La domanda di fondo era L’Europa conviene? Le ribalto la domanda. A chi di fatto non conviene un’Europa forte e coesa?

In sostanza a quelli che voglio far più debiti per continuare con le politiche spartitorie e così conquistare ulteriori consensi. Questo non ci conviene perché poi i debiti pesano sulle spalle di tutti noi italiani. In sostanza l’Unione europea agisce nel nostro interesse, mentre Di Maio e Salvini la criticano come se agisse nell’interesse di altri.

Professore un’ultima domanda. Lei è stato Ministro, è un giurista e grande esperto di diritto pubblico. Come valuta i provvedimenti approvati fino ad ora dal Governo Lega M5S? Nello specifico cosa pensa della legge sulla Legittima difesa?

Sono provvedimenti criticabili sia per il metodo che per il risultato. Per il metodo perché il governo e il Parlamento ratificano decisioni prese dai due “azionisti” del governo. Quindi, le due forze populiste si comportano come forze ancor più oligarchiche di quelle che criticano. Per i prodotti, perché i due obiettivi essenziali (indennità di cittadinanza e quota 100) hanno una finalità spartitoria: comportano maggiore debito pubblico (cioè sono a nostro carico), per soddisfare il desiderio delle due forze politiche di ottenere maggiori consensi.

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