A cura di redazione, 26 agosto 2024
La zootecnia siciliana sta attraversando a causa di una siccità senza precedenti, che mette a rischio non solo la sopravvivenza delle aziende agricole, ma anche un patrimonio culturale e storico di inestimabile valore. Le testimonianze di Luca Cammarata e Liborio Mangiapane, allevatori rispettivamente di capre Girgentane e bovini Modicani, offrono uno spaccato drammatico delle difficoltà che stanno affrontando quotidianamente per mantenere in vita i loro allevamenti.
La Capra Girgentana: un tesoro in via di estinzione
Luca Cammarata, allevatore di San Cataldo (Caltanissetta), si trova a gestire una situazione disperata. La produzione quest’anno si attesterà al 50% rispetto al solito, un dato che già di per sé rappresenta un duro colpo, ma ciò che emerge dalle sue parole è un sentimento ancora più preoccupante:
Non stiamo più facendo impresa, quello che ci interessa è mantenere in vita il patrimonio zootecnico, frutto dei sacrifici di generazioni di pastori prima di noi.
Questa frase racchiude tutta la drammaticità della situazione.
La capra Girgentana, con le sue caratteristiche corna a spirale e il mantello bianco, rappresenta non solo un simbolo della biodiversità siciliana, ma anche un legame tangibile con la storia e la cultura dell’isola. Tuttavia, la sopravvivenza di questa razza è messa in pericolo da condizioni climatiche estreme e dalla scarsità di risorse. Le temperature che superano i 40 gradi, la siccità prolungata e la mancanza di acqua hanno trasformato quello che era un tempo un ambiente ricco di biodiversità in un deserto. “È un’estate di tormento”, confessa Cammarata, evidenziando le difficoltà quotidiane nel prendersi cura dei suoi 300 esemplari, molti dei quali gravidi e tutti sofferenti per le condizioni ambientali avverse.
La Girgentana, con la sua lunga storia che affonda le radici nelle importazioni arabe dell’800 d.C., è una razza straordinaria per la qualità del latte che produce. Questo latte, noto per l’equilibrio tra grasso e proteine, è stato per secoli destinato al consumo diretto. Negli anni Venti e Trenta, gli allevatori girgentani erano soliti mungere porta a porta, portando un prodotto freschissimo direttamente nelle case dei consumatori. Tuttavia, la sopravvivenza di questa tradizione è oggi messa a rischio dalla crisi climatica e dalla mancanza di supporto adeguato per affrontare tali sfide.
La Razza Modicana: un esempio di resilienza in pericolo
A circa trenta chilometri da San Cataldo, Liborio Mangiapane, un sessantenne che ha dedicato due terzi della sua vita all’allevamento, si trova a fronteggiare una situazione altrettanto critica. La sua azienda, che ospita 150 pecore e un centinaio di bovini di razza Modicana, è minacciata dalla scarsità d’acqua e dalle difficoltà di approvvigionamento.
“La situazione è tragicamente difficile – spiega Mangiapane – non si tratta di una settimana o di quindici giorni, ma di una condizione prolungata nel tempo, che provoca moltissime difficoltà dal punto vista alimentare, idrico e anche psicologico.”
La razza Modicana, con il suo caratteristico mantello rosso, è una delle più antiche e resistenti razze bovine della Sicilia. Un tempo apprezzata per la sua triplice attitudine (latte, carne e lavoro), oggi la Modicana è in declino a causa della meccanizzazione dell’agricoltura e della ridotta resa produttiva. Negli anni Sessanta si contavano ancora 25.000 capi, ma oggi ne rimangono appena 5.800, distribuiti in 300 allevamenti. Il declino della Modicana rappresenta una perdita non solo economica, ma anche culturale, poiché questa razza è strettamente legata alla produzione di formaggi di alta qualità come il Ragusano e il caciocavallo.
Mangiapane, come molti altri allevatori della regione, si trova costretto a riorganizzare la propria azienda per far fronte alla mancanza d’acqua. Ogni giorno è necessario trasportare migliaia di litri d’acqua con autobotti, una soluzione temporanea e faticosa.
“Viviamo in un deserto – afferma Mangiapane – continuamente con il pensiero che l’indomani mattina gli animali saranno senza acqua.”
Di fronte a queste difficoltà, sia Cammarata che Mangiapane lanciano un appello alle autorità: è necessario intervenire per salvaguardare un patrimonio zootecnico che rappresenta l’identità stessa della Sicilia. Cammarata, in particolare, chiede la costruzione di nuovi bacini idrici, la manutenzione delle infrastrutture esistenti e l’implementazione di soluzioni innovative per rinverdire le zone aride. Senza un intervento immediato e deciso, il futuro di queste aziende e delle razze che allevano è in grave pericolo.
Mangiapane, dal canto suo, esprime tutta la sua frustrazione per la mancanza di sostegno:
Come possiamo investire altri capitali? Moltissimi di noi chiuderanno. E la cosa che più mi fa rabbia è che chiudere un’azienda causa l’abbandono dei territori, significa creare più problemi all’economia siciliana, che è già fragile di suo, e significa perdere un patrimonio zootecnico di estrema rilevanza.
A questo punto la domanda è: cosa fare? La risposta deve partire dai dati, che rivelano l'urgenza di un uso più sostenibile dell'acqua, soprattutto in agricoltura. Ad oggi, oltre il 52% dell'acqua prelevata a livello nazionale – circa 16 miliardi di metri cubi all'anno – è destinato all'irrigazione, con ulteriori 800 milioni di metri cubi impiegati nella zootecnia.
Per comprendere la situazione, basti pensare che il fabbisogno idrico annuo per tutta la Sicilia è stimato in 1,75 miliardi di metri cubi, mentre nel 2023 sull’isola sono caduti circa 15,2 miliardi di metri cubi di pioggia. Tuttavia, oltre la metà di questa quantità evapora o è assorbita dalla vegetazione, e una parte significativa è necessaria per sostenere gli ecosistemi. Nonostante ciò, rimarrebbe abbastanza acqua per soddisfare le esigenze umane, se solo la regione disponesse delle infrastrutture idriche adeguate. Investimenti in opere come le "città spugna" e nuovi bacini, insieme alla riparazione degli acquedotti, potrebbero fare la differenza. Invece, su 26 grandi dighe controllate dalla Regione Siciliana, 3 sono inattive, 5 operano con limitazioni e 10 sono ancora in attesa di collaudo. A ciò si aggiunge la piaga delle perdite negli acquedotti, un problema che riguarda tutta l'Italia, dove ogni anno si disperdono circa 7,6 miliardi di metri cubi d’acqua.
La gestione dell’acqua deve quindi tornare ad essere una priorità nei bilanci pubblici, con un piano di investimenti ambizioso che superi la logica dell'emergenza. Una proposta concreta esiste già: la Fondazione Earth and Water Agenda ha stimato un bisogno di 17,7 miliardi di euro all'anno per i prossimi dieci anni. Questo piano comprende soluzioni naturali, nuovi invasi, servizi idrici integrati e un uso più efficiente dell’acqua nei settori agricolo e industriale. Solo così sarà possibile affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni, garantendo un futuro più sicuro per la Sicilia e l’intero paese.
Le testimonianze di Cammarata
Le testimonianze di Cammarata e Mangiapane sono il grido di allarme di un’intera categoria che rischia di scomparire, portando con sé un pezzo della storia e della cultura della regione.
È urgente un intervento strutturale di fronte a una delle più gravi emergenze siccitose della regione Sicilia - dichiara Marco Romano dell'azienda "Feudo Chibò e Barbarigo, impresa storica situata nel cuore della Sicilia prevalentemente impegnata nella coltivazione di grano duro, sia convenzionale che da seme. In collaborazione con università e associazioni di tutela della biodiversità, l'azienda coltiva anche grani antichi siciliani come il grano tenero "Maiorca" e il grano duro "Gioia", per i quali è responsabile della conservazione in purezza. Inoltre, porta avanti un progetto per la tutela della biodiversità attraverso la coltivazione di un "miscuglio evolutivo" di grani teneri, molto richiesto da panificatori e pizzaioli.
Marco Romano e Alessandra Gioia oltre all'attività cerealicola si occupano di un particolare tipo di pomodoro, noto per le sue eccellenti proprietà biologiche, ideale per passate e salse. Negli ultimi anni, l'azienda ha ampliato le proprie attività includendo l'allevamento di ovini di alta genealogia in campo aperto. Il latte prodotto viene trasformato in formaggi tipici, come pecorino e ricotta salata, apprezzati per la loro qualità e per il rispetto delle tradizioni produttive.
Continua Romano:
I raccolti di grano e foraggio sono stati completamente azzerati, gli animali sono costretti a bere acqua fangosa, e i laghi si sono prosciugati. Le immagini che circolano in questi giorni testimoniano una realtà drammatica: una catastrofe che ha messo in ginocchio agricoltori e allevatori in tutta la regione, con conseguenze che presto si riverseranno anche sul resto della comunità. Questa crisi, che sta colpendo in modo particolarmente grave i settori cerealicolo e zootecnico di diverse province siciliane, ha raggiunto livelli di emergenza senza precedenti negli ultimi cento anni. Nonostante il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, abbia dichiarato lo stato di calamità naturale già il 9 febbraio, e il Consiglio dei Ministri abbia deliberato lo stato di emergenza nazionale per la siccità il 6 maggio, il nostro appello resta finora inascoltato. È essenziale un intervento immediato da parte delle istituzioni, come già avvenuto in altre regioni italiane colpite da calamità naturali (si pensi all'alluvione in Emilia Romagna). Le aziende agricole siciliane richiedono con urgenza:
- L’attivazione e l’implementazione del fondo Agricat.
- La sospensione per 12 mesi del pagamento delle rate di mutui e finanziamenti con il sistema bancario.
- La sospensione per 12 mesi del pagamento dei contributi previdenziali aziendali.
- L’accesso a un indebitamento bancario a medio/lungo termine (con una durata di cinque anni) a tasso zero, fino a un importo massimo di 30.000 euro, con rimborso a partire dal terzo anno.
Se la crisi continuerà senza il necessario supporto, molte aziende agricole siciliane, che da secoli custodiscono con sacrificio un territorio ricco di tradizioni agricole e culturali, rischiano di chiudere. Un territorio che da migliaia di anni è il custode di una preziosa biodiversità potrebbe essere irrimediabilmente compromesso da un evento siccitoso previsto ma non adeguatamente gestito.
Photo: Slow Food e Feudo Chibò e Barbarigo