Intervista a Emanuela Mangiarotti, a cura di Antonella Vitelli
Cosa sta succedendo in Sri Lanka? Che relazione c'è tra la crisi del paese e le vecchie logiche coloniali del dominio britannico, ma soprattutto in che modo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha influito ad accellerare il collasso economico della nazione? Ne parla in questa intervista Emanuela Mangiarotti, docente di Storia dell’India e del Sudest Asiatico all’Università di Pavia. Ha conseguito un PhD in International Conflict Analysis alla la University of Kent (2012) e ha recentemente completato un secondo Dottorato in Sociologia all’Università di Genova (2022). Le sue ricerche e pubblicazioni spaziano tra gli studi d’area asiatica, con un focus sulla storia sociale e politica dell’India, gli studi di genere e le teorie e metodologie femministe.
Professoressa in Sri Lanka si sta consumando una crisi politica e sociale senza precedenti. Proprio qualche giorno fa migliaia di manifestanti hanno occupato i palazzi del potere. Cosa sta succedendo e quali sono i fattori alla base dell'annunciato collasso economico del paese?
Lo Sri Lanka è nel mezzo di un crollo economico senza precedenti che ha generato una crisi di governo e una rivolta popolare. I fattori che hanno portato al collasso economico dello Sri Lanka sono vari e tra loro legati.
Innanzitutto, la crisi economica è anche una crisi politica. Nel 2019, gli attacchi di Pasqua contro una minoranza cristiana contribuirono a far eleggere presidente Gotabaya Rajapajsa, ex ministro della difesa, ritenuto responsabile del massacro della minoranza Tamil che mise fine alla guerra civile nel 2009. Gotabaya ha nominato primo ministro il fratello maggiore Mahinda Rajapaksa, e i due si sono circondati di parenti e amici, hanno riscritto la costituzione e conferito così al presidente nuovi poteri.
In sostanza, la famiglia Rajapaksa ha dominato la scena politica del Paese negli ultimi 20 anni, occupando i principali ruoli di potere e gestendo di fatto lo stato e l’economia attraverso nepotismo e corruzione.
Queste prassi politiche e una serie di politiche economiche sbagliate hanno portato alla situazione attuale alimentando la rabbia popolare nei confronti della classe dirigente.
Dal punto di vista prettamente economico, è importante ricordare che si tratta di un Paese la cui economia è stata plasmata dalle logiche coloniali durante il dominio britannico. Mi permetto di fare questo passaggio storico perché lo ritengo fondamentale per non cadere in semplificazioni eccessive e per comprendere poi anche il ruolo che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha avuto nella storia post-coloniale del Paese.
Dal 1948 (anno dell’Indipendenza) l’agricoltura dello Sri Lanka è stata dominata da colture orientate alle esportazioni come the, caffè, gomma e spezie. Gran parte del prodotto interno lordo proveniva dagli introiti in valuta estera derivanti dall'esportazione di queste colture. Questo denaro veniva utilizzato per importare prodotti alimentari essenziali. Nel corso degli anni, il Paese ha iniziato a esportare anche capi di abbigliamento e a guadagnare valuta estera grazie al turismo e alle rimesse (denaro inviato in Sri Lanka dalla diaspora). Lo Sri Lanka è quindi sempre stato molto vulnerabile a crisi economiche legate al calo delle esportazioni.
Per questo, dal 1965 in poi il Paese ha ottenuto 16 prestiti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Ognuno di questi prestiti prevedeva delle condizioni che sostanzialmente impedivano ai governi di aumentare la spesa pubblica per stimolare l’economia nei periodi di recessione economica.
L'ultimo prestito del FMI allo Sri Lanka risale al 2016. Il Paese ha ricevuto 1,5 miliardi di dollari per tre anni, dal 2016 al 2019. La salute dell'economia è crollata durante questo periodo, in cui il governo ha continuato a ignorare i segnali di una crescente crisi del debito estero. Anche gli shock esterni hanno giocato un ruolo importante soprattutto a partire dal 2019. In primo luogo, gli attacchi terroristici in alcune chiese e hotel di lusso a Colombo nell'aprile 2019 hanno avuto ripercussioni fortissime sul turismo, settore fondamentale per rimpinguare le riserve di valuta estera. A partire dal 2020, poi, la pandemia ha ulteriormente devastato il settore del turismo.
La crisi ha quindi portato a livelli di inflazione senza precedenti, all’esaurimento delle riserve di valuta estera, alla carenza di forniture mediche e all'aumento dei prezzi dei prodotti di base. Per la prima volta dalla sua indipendenza, lo Sri Lanka è andato in default sul suo debito estero e i 22 milioni di abitanti del Paese stanno vivendo una vera e propria crisi umanitaria con interruzioni di corrente, mancanza di cibo, di carburante e altri beni essenziali come le medicine. Il Paese dipende dall'importazione di questi beni, ma la carenza di valuta estera ha portato i prezzi alle stelle.
Secondo il Guardian dal 1977 i governi che si sono succeduti a Colombo hanno generato un accrescimento di debito importante. Ma il 2009 viene individuato nel paese come l'anno della svolta, l'anno dell'apertura al turismo e agli investimenti. Qualcosa sembra non aver funzionato.
Il 2009 è l’anno in cui termina una sanguinosa guerra civile tra lo stato a maggioranza sinhala e le Tigri Tamil (LTTE), organizzazione separatista della minoranza tamil. L’annientamento della resistenza tamil facilitò l’ascesa della famiglia Rajapaksa, che promise al Paese ricostruzione e sviluppo economico. In quel periodo, l'economia registrò una crescita annua di oltre l'8% per tre anni consecutivi, soprattutto grazie ai grandi programmi di investimento pubblico attuati dal governo per ricostruire le province settentrionali e orientali colpite dalla guerra, insieme a un'importante opera di sviluppo delle infrastrutture in altre parti del Paese, all’apertura al turismo internazionale e all’aumento delle importazioni per il mercato interno. I massicci investimenti tuttavia hanno intaccato le riserve di valuta estera e portato a un deficit insostenibile. Inoltre, l’apertura agli investimenti stranieri per potenziare le infrastrutture e una combinazione di esenzioni e riduzioni fiscali per le multinazionali hanno comportato una costante diminuzione delle entrate pubbliche. Da ultimo, è importante ricordare che queste politiche economiche sono state accompagnate da una crescente concentrazione del potere nelle mani della famiglia Rajapaksa e dal perdurare di fratture e disuguaglianze che hanno contribuito a generare la crisi politica e sociale cui assistiamo oggi.
Cosa ci dice il caso Sri Lanka? Ma soprattutto, c'è il rischio che si tratti solo del primo della prima tessera di un domino che coinvolge un pò tutti i paesi a basso e medio reddito?
Il caso dello Sri Lanka ci mostra la vulnerabilità delle economie a basso e medio reddito, in caso di shock economici dovuti per esempio a crisi sanitarie, guerre, disastri naturali ecc. Sono paesi che necessitano della disponibilità di valuta estera per l’importazioni di beni essenziali, i cui prezzi sono soggetti a fluttuazioni e speculazioni nell’ambito di trend economic globali. Ci mostra come anche i piani cosiddetti di salvataggio, attraverso prestiti e aiuti siano spesso inadeguati a garantire maggiore sicurezza economica, in particolare alle popolazioni che pagano il prezzo di queste situazioni. Ovviamente, la crisi dello Sri Lanka ha molto a che vedere con l’inadeguatezza di una classe dirigente che ha condotto il Paese nel baratro in cui si trova ora. Per questo è importante sottolineare che la rivolta popolare cui assistiamo in questi giorni è anche una forma di protesta politica cui bisogna guardare con attenzione perché le questioni economiche sono sempre anche questioni politiche e sociali che riguardano contesti specifici e hanno a che fare con la storia di questi paesi.
Secondo lei in questo status quo del paese ha avuto una qualche rilevanza l'invasione russa in Ucraina?
L’invasione dell’Ucraina ha certamente inciso, perché ha determinato un aumento dei prezzi globali di cibo e carburanti. La guerra sta inoltre avendo un impatto sulle esportazioni di the verso Russia e Ucraina, tra i principali acquirenti di the nero dallo Sri Lanka, e sugli arrivi di turisti dai due Paesi, tra i più numerosi prima dello scoppio della guerra.