Uomo e tecnica: storia di un binomio antico

Uomo e tecnica: storia di un binomio antico

Uomo e tecnica, due entità indissolubilmente intrecciate nel tessuto stesso dell'evoluzione umana, sono al centro di un libro scritto da un filosofo e un tecnologo che come in una partita di ping-pong si scambiano idee sul mondo che sarà, sulle possibili soluzioni socio-tecniche alle sfide del presente e del futuro. Questa è l'essenza di Tecnosofia, il libro di Maurizio Ferraris, Professore di Filosofia Teoretica all’Università di Torino e Guido Saracco, l'ingegnere e rettore del Politecnico di Torino, pubblicato da Laterza

I postulati di partenza sono i seguenti: il progresso è una condizione propria della nostra natura di esseri umani e la tecnologia è un nostro prolungamento o come ci dice la copertina di Tecnosofia:

il farmaco più potente a disposizione della scimmia nuda è la tecnica, e la tecnica più potente è il capitale. L’alleanza tra tecnologia e umanesimo può potenziare questo capitale a beneficio di tutti, trasformandolo in un patrimonio dell’umanità.

Quindi basta paure e basta parcellizzazioni tra saperi. 

C'è chi nell'AI vede  una minaccia esistenziale per l'umanità, chi è preoccupato per i danni che può causare, tipo ingiustizia, discriminazione e disinformazione e infine c'è chi è preoccupato perché in questa nuova frontiera vede dei rischi per la sicurezza nazionale. Di certo indietro non si torna e probabilmente la grande sfida, sarà quella, la solita, che ci siamo sempre dati senza mai riuscire pienamente: regolamentare.

Regolamentare per garantire un accesso delle informazioni a tutti, non a pochi. Regolamentare perché la trasparenza, come la libertà, o è totale o non é. 

Professor Saracco come nasce Tecnosofia. Sembra che sia stata un’esperienza gratificante professionalmente?

E’ nata come piano strategico tra atenei che prevede la contaminazione tra saperi apparentemente inconciliabili. Lo scopo che ci siamo fissati come Politecnico di Torino, rispetto a questo nodo di incontro con le scienze umane e l'Università di Torino è  rendere più creativi e umanisti gli ingegneri. Di base c’è un concetto importante che è questo:

quando si crea qualcosa si deve sempre pensare dove si riversa, se non si contestualizza bene è difficile progettare tecnologie con successo ed è complesso capire anche vantaggi e svantaggi che possono avere in futuro.

Tutto ciò avviene in un contesto in cui l'intelligenza artificiale ha il potenziale per migliorare ampiamente l'efficacia di numerose tecnologie, suscitando molte riflessioni etiche che coinvolgono individui e comunità. Per questo motivo, al Politecnico, abbiamo intrapreso una rivoluzione di portata significativa nella formazione degli ingegneri e nella definizione delle nostre strategie di ricerca. Abbiamo coinvolto un gruppo di esperti nelle scienze umane e sociali, assumendo addirittura alcuni di loro. Inoltre abbiamo creato Scienza Nuova, un centro di collaborazione tra l'Università e il Politecnico, progettato appositamente per affrontare la cruciale necessità di integrazione tra umanesimo e tecnologia.

 

Gli ingegneri con un bagaglio sociologico e filosofico divengono irresistibili.

L’innovazione è un tema grande e la si fa solo in gruppo, non possiamo continuare a pensare a processi parcellizzati. Anche le aziende hanno cambiato del tutto la loro prospettiva. Oggi si cercano manager capaci di creare ponti tra questi saperi. Ai miei tempi gli ingegneri andavano in FIAT e c’erano altri che si occupavano dell’impatto di queste su un quartiere, sulla società. 

Professore è finita l’epoca degli specialismi?

Il fatto è che come società occidentale siamo di fronte ad un mondo davvero complesso. Per anni abbiamo dato risposte sbagliate e puntate troppo sulla “parte” non sulla complessità del tutto. Questo modo di operare va cambiato e lo stiamo cambiando. Il ping pong di questo libro tra me e Maurizio crea soluzioni socio-tecniche capaci di indirizzare le tecnologie al bene comune. E’ stata una tappa fondamentale della mia crescita personale. 

Quindi perché entrare in politica?

Guardi ci sono sollecitazioni da più parti, ma la mia posizione attualmente mi impegna parecchio e richiede equidistanza. Per la politica facciamo tanto. Tipo le scuole di tecnologia per politici.

Come hanno reagito gli studenti a questo nuovo approccio? 

Benissimo, ragioniamo per temi e lo facciamo in modo da dare ampio respiro alle questioni. La formazione troppo stretta e lineare crea acriticità, la società è complessa e non ci si può muovere se non analizzandola in gruppi di lavoro, con interazioni. Rimpiango per non aver avuto questa opportunità, ma mi rincuora pensare al futuro e all’esempio che darà il Politecnico ad altri atenei. 

Passiamo la parola al Professor Maurizio Ferraris, docente di Filosofia teoretica all’Università di Torino, presidente del Labont (Center for Ontology). Ferraris dirige “Scienza Nuova”, l’Istituto di studi avanzati che unisce l’Università e il Politecnico di Torino nella progettazione di un futuro sostenibile. 

Professor Ferraris quanto sta la tecnica all’uomo?

Ci sono persone che pensano che ci sia una contrapposizione, secondo me è una visione sbagliata. L’animale umano diventa umano quando si fornisce di apparati tecnici cioè l’umano allo stato di natura non è umano, ma un animale abbastanza disagiato. Solo con gli apparati tecnici l’umano si umanizza.

Professore da più parti emerge un certo pensiero di preoccupazione sulle macchine e sull’intelligenza artificiale. Qual è secondo lei il grande equivoco che si è generato anche leggendo alcuni suoi colleghi come Byung-chul Han sulla differenza tra le macchine e l’uomo e che condiziona la nostra idea di futuro?

Primo punto: spesso gli allarmismi sulla tecnica si basano sulla convinzione falsa che la tecnica sia qualcosa di moderno. La tecnica c’è da sempre. Ci si preoccupa in modo nuovo, ma non si tratta di un meteorite. Secondo: che differenza c’è tra umano e tecnica?

Umano è un organismo, la tecnica è un meccanismo senza bisogni che risponde ai bisogni dell’umano.

Può fare una macchina per fare la pizza, per distribuirla, non può fare una macchina per mangiare la pizza. Deve esserci un umano.

Quindi la differenza tra uomo è macchina è nel bisogno o nel desiderio?

Esattamente, sono tutte le finalità interne dell’organismo. Il meccanismo invece ha delle finalità esterne da noi richieste.

Poco fa qui alle OGR è stata completata la X Sinfonia di Beethoven grazie al supporto dell'AI. Noto che c’è imbarazzo a dire che forse una macchina può essere creativa quanto l’uomo.

Si può dire, una macchina può essere creativa quanto un uomo, ma la domanda è un’altra: ad ascoltare questa sinfonia c’erano umani non macchine. Quindi è sempre l’umano che dà senso e decide se la sinfonia piace o meno. 

Qual è il compito della filosofia in questo frangente storico?

Non dobbiamo avere timori rispetto alla tecnica, dobbiamo solo orientarci con le giuste cautele. Si teme che la tecnica prenda potere, ma questo non è possibile, il problema sono gli umani che possono servirsi della tecnica per prendere il potere. 

L'economista Leonard Susskind nel suo libro analizza un mondo in cui la tecnologia sostituirà molte figure professionali e il lavoro scomparirà. Cosa faremo, più arte o più guerra?

L’uomo vivrà. Noi vivendo stiamo producendo una grande quantità di dati e vanno trovati i modi per socializzare questi dati a favore dell’intera umanità e non di pochi player come sta accadendo adesso. 

Torna al blog