Articolo a cura di Antonella Vitelli. Approfondimento e intervista a Pietro Adamo, docente di Storia delle dottrine politiche all'Università degli Studi di Torino.
Pochi giorni fa, il tribunale di Palermo ha emesso una sentenza di condanna per tutti e sei gli imputati maggiorenni accusati della violenza sessuale di gruppo avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2023 al Foro Italico, ai danni di una ragazza di 19 anni. Gli imputati hanno sostenuto che la vittima fosse consenziente, senza mai esprimere pentimento o chiedere scusa. Questa sentenza evidenzia una drammatica carenza di consapevolezza riguardo alla gravità di simili atti. Un atteggiamento che, seppur in forme diverse, ricorda la cecità morale osservata nei processi storici legati agli orrori umani. Ma, soprattutto, episodi come questo sollevano un quesito urgente e di grande attualità: in che modo i giovanissimə percepiscono la sessualità?
Quali sono le fonti che influenzano la loro percezione del sesso, del consenso e dei confini da rispettare?
Giovanni, ha 17 anni, ammette di vedere regolarmente contenuti pornografici e di aver creduto, per lungo tempo, che fare sesso significasse essere in tanti, almeno 3. Solo di recente, grazie alla sua prima relazione, ha compreso che l’amore è qualcosa che può coinvolgere due persone in modo consapevole. La domanda è: cosa succede quando i giovani crescono con l’idea che il sesso debba necessariamente corrispondere alle dinamiche viste nei video pornografici?
La pornografia online sta ormai diventando la principale fonte di riferimento per molti giovani, senza che ci siano sufficienti alternative educative capaci di promuovere una visione equilibrata del consenso e delle relazioni. La carenza di educazione sessuale nelle scuole e la mancanza di dialogo aperto in famiglia non fanno altro che rafforzare questa percezione alterata.
Il problema non è il porno, ma la sua egemonia culturale sulla sessualità nonché una assoluta carenza di alterità a cui attingere informazioni.
Iniziamo col dire che la rappresentazione esplicita della sessualità non è una invenzione di questi anni, ma ha radici antiche. Tuttavia, il concetto moderno di pornografia, inteso come produzione e distribuzione di immagini e video espliciti per fini commerciali, ha preso forma solo a partire dal XIX secolo, con l'invenzione della fotografia e, successivamente, del cinema. La legalizzazione e commercializzazione della pornografia si sviluppano gradualmente, culminando negli anni '60 e '70. Con la rivoluzione sessuale il porno inizia a essere considerato un simbolo di libertà e ribellione contro le norme conservatrici.
Film come Gola Profonda (1972) diventano veri e propri fenomeni culturali, non solo per i contenuti espliciti ma anche per il profondo dibattito sociale che suscitano. Per la prima volta, le pellicole pornografiche vengono proiettate nei cinema pubblici, sfidando apertamente totem e tabù sociali. I tabù e il loro superamento si configurano come un tema centrale in questo ambito, segnando un cambiamento cruciale nel modo di concepire la sessualità nella cultura popolare. I tabù e il loro superamento in questo ambito si configurano come una importantissima parola chiave.
Il professor Pietro Adamo, docente di Storia delle dottrine politiche all'Università degli Studi di Torino, ha dedicato numerosi studi all'analisi della pornografia, esaminandone l'evoluzione storica, culturale e sociale.
La pornografia si presenta volutamente come una trasfigurazione del sessuale, della dimensione del sesso. È nata così, è fatta così, ed è sempre stata concepita in questo modo, tra il provocatorio e il progressivo, tra la proposta sempre di qualche cosa che va più in là dell'esperienza, dell'esperienza sessuale, e quella è la sua natura. La natura della pornografia è quella di mettere in scena una sessualità dai tratti, come fossero, direi esagerati. Cioè che si capisce che non è la realtà, si capisce l’esagerazione.
Adamo propone una lettura della pornografia che va oltre la mera esibizione della sessualità, considerandola come uno "specchio sociale" che riflette valori, pregiudizi, ansie e cambiamenti della società, influenzati dalle dinamiche di potere, genere e libertà. Questa visione apre alla comprensione di come il porno sia un fenomeno culturale complesso, in grado di rispondere e adattarsi ai mutamenti storici.
La pornografia è un fenomeno sociale, politico e culturale di estrema rilevanza: nella sua pratica dirompente ed esplicitamente 'bassa' implica discorsi sulla struttura del desiderio e della sessualità, sulle relazioni tra i sessi, sulla natura della famiglia e della società. Pietro Adamo, La pornografia e i suoi nemici, 1996
Proprio in linea con questa prospettiva, nel 2010 l'American Psychological Association (APA) ha introdotto il concetto di “pornificazione del quotidiano,” descrivendo come l'estetica pornografica abbia oltrepassato i confini del genere stesso, infiltrandosi nella cultura di massa e influenzando la moda, la pubblicità, la musica e i media. La pornografia non è più confinata ai suoi contesti tradizionali: la sua estetica e i suoi codici sono diventati parte del quotidiano, normalizzando immagini e comportamenti sessualizzati e trasformando il corpo in oggetto di desiderio accessibile e commercializzato. Questa infiltrazione, tuttavia, non è priva di conseguenze. Infatti, la diffusione di immagini e comportamenti sessualizzati esercita una pressione sui giovani, spingendoli verso una sessualità precoce e stereotipata che rischia di limitare la loro capacità di esplorare la propria identità in modo autentico. La pornificazione promuove visioni rigide dei ruoli di genere: le donne, spesso rappresentate come oggetti di desiderio, si trovano spinte a conformarsi a ideali di bellezza irrealistici, mentre agli uomini viene richiesto di incarnare forza e dominanza.
Per contrastare questi effetti, l’APA sottolinea l'importanza di un’educazione sessuale e mediatica che permetta ai giovani di comprendere e criticare questi messaggi, promuovendo una visione della sessualità più equilibrata e rispettosa, lontana dagli stereotipi.
Mai più proibire. Piuttosto, arricchiamo aggiungendo nuovi elementi formativi e conoscitivi.
Alcune femministe, come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, sostengono che la pornografia, con la sua rappresentazione ossessiva di donne sempre disponibili, oggettivate e vulnerabili, contribuisca al mantenimento della subordinazione femminile. Al contrario, le femministe sex-positive, tra cui Erica Jong, vedono la libertà sessuale come un elemento fondamentale dell’emancipazione femminile. Da questa prospettiva, partendo dal principio che il sesso consensuale sia sempre positivo, le femministe sex-positive rifiutano ogni forma di controllo, inclusa la censura della pornografia. Tuttavia, bisogna riconoscere che non tutto ciò che appare libero è realmente tale. È una dinamica simile a quella che si riscontra nel dibattito sulla prostituzione: alcune sex workers dichiarano di svolgere il lavoro per scelta, ma ciò non significa che siano sempre completamente libere. Si è liberi, si è mai veramente liberi a fronte di pressioni esterne, come necessità economiche, subordinazioni culturali, fisiche o materiali?
Senza ipocrisia si può dire che in buona parte delle proposte che appaiono sul web la rappresentazione della donna si basa su un’immagine deumanizzata, asservita, oggettivata, mercificata, subordinata e strumentale al desiderio maschile? Un desiderio che va al di là del mero aspetto sessuale come accade nel porno giapponese.
Ci ricorda il Prof che una delle dinamiche più peculiari nella pornografia giapponese ha a che fare con una sorta di riscatto che l'uomo esercita sulla donna nell'atto sessuale.
Questo tema può essere interpretato come una sorta di rivincita sociale, in cui il maschio rivendica un dominio simbolico su una donna che, in ambito professionale o sociale, potrebbe detenere una posizione di potere o controllo.
Nel contesto della società giapponese, dove le gerarchie e i ruoli professionali sono molto strutturati e l’identità spesso legata a un ruolo lavorativo, la fantasia di “domare” una donna in carriera, una manager o una figura professionale autorevole si configura come una sorta di ribaltamento simbolico delle norme sociali.
L'uomo può esprimere un dominio sessuale che, al di fuori del contesto erotico, è spesso limitato o inesistente. Il fenomeno riflette tensioni sociali e il senso di frustrazione di alcuni uomini che si confrontano con l’ascesa di figure femminili nel mondo del lavoro. In questo contesto, la donna è vista come un "rivale" che viene simbolicamente ridimensionato attraverso la sessualità, una risposta che si può interpretare come una riaffermazione simbolica dell’identità maschile in un contesto privato, seppur fittizio.
Le produzioni giapponesi pongono spesso l’accento su una sessualità che esaspera i ruoli di dominanza e sottomissione, incarnando non solo desideri erotici, ma anche insoddisfazioni o desideri di rivalsa sociale. Attraverso queste rappresentazioni, si veicola quindi una complessa combinazione di desiderio, potere e frustrazione, in una fantasia che permette di ribaltare simbolicamente la realtà sociale.
Rispetto al Giappone o agli Stati Uniti, il porno europeo tende a presentare una gamma più ampia di estetiche, che spaziano dall'erotico sensuale a contenuti più espliciti, con un approccio che può essere al tempo stesso più artistico e meno standardizzato. Il porno italiano ha tradizionalmente mantenuto un certo legame con l’erotismo e il racconto. Le produzioni spesso includono una dimensione narrativa e talvolta un’estetica cinematografica che richiama il cinema erotico italiano degli anni ’70 e ’80, come nel caso dei film di Tinto Brass. E il porno attuale? Nel panorama del porno attuale, lo stile che combina gioco e commedia erotica – una miscela di ironia e seduzione – continua ad avere un suo spazio, ma è ormai relegato a una nicchia. Oggi, però, i contenuti più popolari sulle grandi piattaforme tendono a puntare su una rappresentazione più immediata e spesso stereotipata, con scene esplicite e rapide, in cui l’ironia e la narrativa vengono sacrificati a favore di un erotismo più meccanico e diretto. Le categorie mainstream rispondono a una logica di consumo veloce e gratificazione istantanea e per certi versi violenta. Se prima degli anni '90, la narrativa dominante nell’hard si basava su una rappresentazione dello stupro come presunto "desiderio segreto" femminile, negli anni continua Adamo:
è emerso uno stile che desessualizza l’atto stesso, riducendo la donna a un mero oggetto passivo in un contesto di violenza che sembra servire unicamente a riaffermare il potere maschile. Questo cambiamento va visto come una forma di reazione, un ritorno estremo al dominio maschile post-femminista, dove il sesso assume la funzione di strumento punitivo in funzione di una riaffermazione del potere maschile.
Ma c’è una relazione tra il consumo di una certa pornografia e la propensione alla violenza? In Italia, una ricerca significativa è stata condotta da Patrizia Romito e Lucia Beltramini, pubblicata nel 2011, che ha analizzato le differenze di genere, la violenza e la vittimizzazione legate alla visione di pornografia tra gli studenti. Lo studio ha rilevato che quasi tutti gli studenti maschi e il 67% delle studentesse avevano guardato pornografia; rispettivamente, il 42% e il 32% avevano visto contenuti con violenza contro le donne. Inoltre, le studentesse esposte a violenza psicologica familiare e a violenza sessuale erano significativamente più propense a guardare pornografia, specialmente quella violenta, rispetto a coloro che non avevano subito tali esperienze.
La pornografia violenta e umiliante è diventata dominante nei contenuti dei siti più popolari, con titoli offensivi e degradanti verso le donne, a cui è possibile accedere con estrema facilità fa notare Jonah Mix nell’articolo “#Notallporn: Why the 'Good Parts' Don’t Matter”. Mix sottolinea come questo genere di pornografia rappresenti il principale consumo erotico per molti uomini, i quali, fuori dal contesto sessuale, non potrebbero giustificare tali contenuti come legittimi, perché sarebbero classificati come "hate speech" se riguardassero categorie diverse dalle donne. Attraverso una metafora ispirata al “Trolley Problem” etico, Mix mostra che il valore di un’esperienza positiva come l’orgasmo non può bilanciare la presenza diffusa di contenuti violenti e misogini nell’industria pornografica. Ma al di là dell’ontologia del porno c’è un discorso ancor più interessante e riguarda l’estrema facilità con la quale si accede a queste visioni.
Basta dichiararsi maggiorenni con un semplice clic per accedere a una vasta gamma di contenuti espliciti su piattaforme come Pornhub, Xvideos e YouPorn.
Per contrastare l'accesso precoce dei giovani alla pornografia, diversi paesi stanno sperimentando varie misure, tra cui il controllo dell’età e strategie educative e normative. Una delle soluzioni più comuni è la verifica dell’età attraverso documenti d’identità, proposta in paesi come il Regno Unito, che richiederebbe ai visitatori di fornire un passaporto o una carta d’identità per accedere ai contenuti pornografici. Tuttavia, questo approccio solleva problemi di privacy, poiché implica la gestione di dati sensibili da parte dei siti.
Un'alternativa in discussione è l'uso della biometria e del riconoscimento facciale per stimare l’età degli utenti analizzando il volto, evitando così di raccogliere documenti personali. Questa tecnologia, sperimentata in paesi come l’Australia, presenta però sfide in termini di privacy e accuratezza. In alcuni paesi, si ricorre anche a blocchi a livello di Internet Service Provider (ISP): i fornitori di servizi internet possono bloccare automaticamente l’accesso ai siti pornografici sui dispositivi usati da minorenni, una misura già attuata nel Regno Unito, dove i genitori possono attivare e disattivare tali filtri.
Altri paesi, tra cui Francia e Australia, hanno esplorato l'uso di portali di verifica esterna, che agiscono da intermediari per certificare l’età senza condividere i dati dell’utente con il sito pornografico, migliorando così la protezione della privacy. Parallelamente alle misure tecnologiche, molti governi e organizzazioni promuovono campagne di sensibilizzazione e programmi di educazione sessuale che affrontano direttamente il tema della pornografia, come avviene in Svezia e nei Paesi Bassi, aiutando i giovani a sviluppare una visione critica.
Sono poi sempre più diffusi i filtri familiari e i sistemi di controllo parentale, inclusi nei sistemi operativi dei dispositivi, che consentono ai genitori di bloccare l’accesso a contenuti per adulti. Tuttavia, per garantire un’efficace protezione, è necessaria la collaborazione attiva delle famiglie, poiché i filtri non possono controllare l’accesso attraverso tutti i dispositivi. Infine, alcuni paesi stanno collaborando per sviluppare normative internazionali che armonizzino le leggi sulla verifica dell’età e condividano tecnologie di controllo, cercando di affrontare il problema a livello globale, sebbene restino sfide culturali e legislative.
Ma siamo onesti: ogni tentativo di proteggere i minori dall’accesso precoce alla pornografia risulta vano se non viene accompagnato da un'adeguata educazione sentimentale e sessuale nelle scuole.
Le testimonianze degli insegnanti riguardo all'impatto dei corsi di educazione sessuale e affettiva sui bambini evidenziano diversi aspetti positivi. Uno studio condotto in Veneto ha rilevato che, dopo un intervento formativo, le insegnanti hanno mostrato un cambiamento positivo nelle emozioni vissute in relazione alla maturazione e alla curiosità affettiva e sessuale dei bambini, migliorando il loro approccio all'educazione alla sessualità. In un altro progetto pilota, sempre in Veneto, è emerso che le insegnanti riconoscono l'importanza di educare alla sessualità e all'affettività fin dalla scuola dell'infanzia. Tuttavia, alcune hanno espresso preoccupazioni riguardo a possibili reazioni contrarie da parte dei genitori sulla trattazione di questi temi.
Queste esperienze indicano che, sebbene gli insegnanti riconoscano i benefici dell'educazione sessuale precoce, esistono ancora sfide legate alla percezione sociale delle famiglie.
Seguendo la scia di queste esperienze, anche la content creator Sofia Carboni ha lanciato una sua iniziativa, chiamata “Pacco Tour”. Presentato come un progetto di “empowerment maschile”, Sofia mira a offrire agli utenti un’occasione di confronto diretto e di crescita della propria autostima. In un video diventato virale, Sofia descrive l’iniziativa:
Viaggerò in tutta Italia, incontrerò gli utenti a casa loro e offrirò una valutazione del loro pacco per aiutarli a sentirsi più sicuri di sé.
La proposta è di fornire una consulenza personale e dal vivo che, nelle intenzioni della creator, mira a migliorare la fiducia in se stessi degli utenti. È sbagliato? La risposta è: no, boh o meglio non è questo il punto. Chi può davvero stabilire cosa renda un lavoro giusto o sbagliato? Chi può definire con certezza i confini della libertà di una donna nello scegliere una professione rispetto a un’altra?
Dall’altra parte, questo sistema non fa che alimentare anche la frustrazione di molti uomini che, spinti da bisogni emotivi o insicurezze, pagano per un’illusione di intimità.
Questa dinamica di reciproco sfruttamento – dove le ragazze capitalizzano l'attenzione maschile mentre gli uomini rincorrono un’intimità illusoria – porta a chiederci quanto siano autentiche le nostre connessioni e come interpretiamo la sessualità. Non ci si cerca per un desiderio autentico, ma per colmare un bisogno, per ottenere rassicurazione, per sentirsi visti e validati, anche solo per un istante. In questo contesto, le storie più strane e curiose su OnlyFans hanno attirato l’attenzione, mostrando come questa piattaforma stia diventando un riflesso delle nostre insicurezze e dei desideri più complessi. Dagli insegnanti che hanno perso il lavoro dopo che i loro studenti hanno scoperto i loro profili su OnlyFans, alle infermiere che durante la pandemia hanno lasciato l’ospedale per dedicarsi a una carriera digitale più redditizia, OnlyFans si rivela un mondo di opportunità, ma anche di paradossi. C’è la madre britannica che ha deciso di aprire un profilo congiunto con le sue tre figlie, scatenando un dibattito sui confini tra famiglia e vita privata, o l’uomo americano che interpreta un "cucciolo umano" per guadagnare milioni. C’è anche l’ex militare che, sfidando le aspettative, usa la piattaforma per insegnare tecniche di sopravvivenza, attirando una nicchia interessata a contenuti non convenzionali.
Questi casi evidenziano il potenziale di OnlyFans.
Ma quanto grande è l’industria di cui stiamo parlando? L'industria globale della pornografia online è un settore economico di notevole entità, con stime che nel 2015 indicavano un valore superiore a 97 miliardi di dollari. Questa cifra è paragonabile al prodotto interno lordo (PIL) di paesi come il Marocco o la Slovacchia, evidenziando l'enorme portata economica del settore. La crescita di piattaforme basate su contenuti generati dagli utenti, come OnlyFans, ha contribuito significativamente a questa espansione.
Queste piattaforme permettono ai creatori di contenuti di monetizzare direttamente il loro lavoro attraverso abbonamenti e modelli pay-per-view, offrendo un'alternativa ai tradizionali conglomerati del settore, come MindGeek, proprietaria di siti come Pornhub, Brazzers e YouPorn.
MindGeek domina il mercato globale con un'influenza significativa sui contenuti distribuiti.
Tuttavia, è stato osservato che queste aziende spesso non pagano le imposte nei paesi in cui operano effettivamente, sollevando questioni etiche e legali riguardo alla loro responsabilità fiscale. In sintesi, l'industria della pornografia online rappresenta un settore economico di dimensioni comparabili a quelle di intere economie nazionali, con dinamiche complesse che coinvolgono sia grandi conglomerati sia piattaforme emergenti basate su contenuti generati dagli utenti.
Basterebbe poi una piccola parte di questi fondi per finanziare programmi di educazione sessuale nelle scuole, offrendo a milioni di giovani le conoscenze e gli strumenti per sviluppare consapevolezza, rispetto e una visione sana della sessualità.
Eppure, molte delle aziende che generano questi profitti enormi stabiliscono la propria sede fiscale in paesi con agevolazioni, evitando così di contribuire ai sistemi economici dei paesi in cui operano. In Italia, ad esempio, l'industria del porno versa quasi nulla in tasse, privando il sistema educativo di risorse preziose che potrebbero essere investite in iniziative cruciali come l’educazione sessuale e la formazione dei giovani.
Di conseguenza, la visione della società non è più guidata dallo Stato, l’ente cui abbiamo affidato il compito di bilanciare sicurezza e libertà, bensì dai grandi colossi tecnologici. Questi giganti, con veste "very liberal", offrono una versione apparentemente più soft del sistema economico tradizionale, ma in realtà esercitano un controllo sottile e pervasivo su desideri e percezioni. Come ci insegna Byung-Chul Han, il loro potere non passa attraverso la coercizione diretta, bensì attraverso la seduzione e l’autosfruttamento: gli individui, mossi dalla ricerca di approvazione e visibilità, si prestano volontariamente a sostenere il sistema e a nutrire le logiche performative di piattaforme come OnlyFans.
Sarebbe davvero significativo richiedere che questi colossi tecnologici contribuiscano con tasse che finanzino programmi di educazione sentimentale e sessuale nelle nostre scuole. Questo sì sarebbe un discorso da veri patrioti.
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