La Guerra dei dazi tra logiche sovraniste e crisi del multilateralismo. Intervista a Bruna Zolin

La Guerra dei dazi tra logiche sovraniste e crisi del multilateralismo. Intervista a Bruna Zolin

Intervista di Antonella Vitelli, Venezia, 5 ottobre 2019

It was a big win for the United States dice Trump! Il Presidente USA ha appena saputo che il WTO, organizzazione mondiale del commercio, ha autorizzato gli Usa ad imporre dazi ai prodotti europei per gli aiuti illegali concessi al consorzio aeronautico Airbus. In poche ore il clima si surriscalda e le agenzie battono le prime forti preoccupazioni. Il mercato europeo è sotto attacco e si prevede una forte contrazione dell’export soprattutto nell'agroalimentare. I dazi entreranno in vigore il 18 ottobre e riguarderanno anche prodotti italiani come parmigiano, pecorino e prosciutto, mentre i paesi del consorzio Airbus saranno soggetti a dazi anche sulle esportazioni di una più ampia gamma di generi alimentari, tipo olio e vino, prodotti d’abbigliamento, e altri beni di consumo. In questa intervista alla Professoressa M. Bruna Zolin, del Dipartimento di Economia dell'Università Ca' Foscari di Venezia abbiamo provato a capire le ragioni e le conseguenze di questa ennesima battuta d'arresto al multilateralismo e alla globalizzazione così come l'abbiamo sempre intesa. Una partita non solo economica quella del Presidente americano. I tavoli aperti sono molteplici a partire da quello della Politica estera e della Difesa. 

Professoressa Zolin dal 18 ottobre gli Usa applicheranno una serie di dazi doganali sui prodotti europei. Per l’Italia si parla di un vero e proprio danno, il belpaese appare come il paese più penalizzato dopo la Francia. Il Corriere della sera ha descritto dei dati piuttosto sconfortanti, come la mozzarella che potrebbe arrivare a costare ad un americano una cifra come 82 euro. Professoressa come si fa?

L’applicazione dei dazi doganali ha sempre conseguenze sui prezzi dei prodotti sottoposti a tale barriera e oggetto di flussi commerciali. Tali impatti si manifestano sia nel paese importatore che in quello esportatore. Nel primo avviene un incremento di prezzo dovuto all’effetto dazio, nel secondo una riduzione, poiché le quantità, che prima trovavano sbocco in mercati esteri, insistono sul mercato nazionale con effetto depressivo. La misura di questi incrementi e/o riduzioni di prezzo dipende da una serie di fattori che fanno sì che, nella pratica, le variazioni che si osservano nelle quotazioni post decisione risultino non proporzionali (verso l’alto e verso il basso). Le stime, prodotte dalla stampa ed esposte nelle trasmissioni televisive, sembrano voler richiamare l’attenzione del pubblico stimando prezzi da gioielleria che i consumatori USA dovranno pagare per effetto del dazio per acquisire i prodotti alimentari italiani.

L’agroalimentare, come quella della moda, sono sistemi complessi. A parità di classe merceologica del prodotto (esempio prosciutto), i prezzi, anche nel mercato nazionale, sono estremamente diversi e dipendono da caratteristiche intrinseche, estrinseche e, in definitiva, da come il prodotto è percepito dal consumatore e da quanto è disposto a spendere.

Variazioni molto limitate del prezzo possono dare luogo ad accentuate variazioni della quantità domandata e viceversa. Detto questo, i dazi che Trump ha deciso, grazie alla decisione del WTO, di applicare non faranno bene all’economia europea e nemmeno a quella italiana. Il grado di penalizzazione dipenderà anche dai prodotti che il presidente americano selezionerà per rivalersi nei confronti dell’Europa.


Facendo un passo indietro non possiamo analizzare un fattore senza dubbio determinante: il Wto ha deciso che gli Stati Uniti potranno imporre dazi sui prodotti provenienti dall'Europa per un ammontare annuo fino a 7,5 miliardi di dollari, quasi sette miliardi di euro. Quanto ha influito la crisi del multilateralismo su questa decisione? Quali le ragioni di questo nulla osta?

La decisione del WTO di autorizzare gli USA ad applicare i dazi sembra in contrasto con le finalità dell’organizzazione del commercio mondiale in termini di libera concorrenza  il cui fine principale è la rimozione di qualsiasi barriera al commercio. Come si coniuga l’obiettivo del libero commercio con la misura di un’imposizione restrittiva? La decisione arriva dopo 15 anni di battaglie dovute alle accuse, in sede WTO, rivolte dagli USA all’EU di proteggere Airbus a sfavore dell’americana Boeing. Questo supporto avrebbe creato uno svantaggio, a livello di commercio mondiale, all’azienda statunitense. 

Con l’autorizzazione ad applicare i dazi alle esportazioni europee, il WTO non fa che applicare la clausola di salvaguardia contemplata dall’Uruguay Round Agreement siglato a Marrakech nel lontano 1994 e che non si è ancora riusciti a rivedere.

Il fatto che non si riesca a trovare un generale consenso, da parte degli stati appartenenti all’WTO, alla revisione e all'aggiornamento del precedente accordo, non fa che confermare l’indubbia crisi che il multilateralismo sta da qualche tempo subendo.

Se da un lato l’WTO langue e con enorme lentezza muove piccoli passi, dall’altro sono sempre più numerosi gli accordi regionali di libero scambio che gli stati reciprocamente sottoscrivono.  La politica di Trump ha contribuito ad accentuare tali tendenze e la Brexit ha inferto un colpo durissimo all’Unione Europea. La globalizzazione senza controllo non è certamente esente da colpe, ne ha di gravissime, ma il luogo più adatto non sono i singoli stati, ma la loro unione. Il tema che sicuramente non può essere affrontato a livello di singolo stato è quello della tutela dell’ambiente. Ma qui il discorso si fa lungo.

Agroalimentare, moda e motociclette. Questi i settori più colpiti. In termini concreti cosa succederà alle aziende italiane che portano i loro prodotti negli USA? 

In effetti, Trump minaccia di imporre dazi elevati a tre categorie: agroalimentare, moda e motociclette che rappresentano la punta di diamante dell’economia nazionale, in termini di fatturato e di occupazione.

Colpire questi settori, in una situazione di concreto rischio di una globale recessione e con l’economia nazionale che non cresce, significa mettere queste aziende e l’indotto in forte difficoltà.

Eventuali altri mercati emergenti in grado di compensare tali perdite non sono nell’immediato attivabili, ma forse qualche tentativo potrebbe essere già avviato sin da ora. 

La commissaria europea al Commercio uscente, la svedese Cecilia Malmstroem, scrive: "Anche se gli Stati Uniti hanno avuto l'autorizzazione dal Wto scegliere di applicare le contromisure adesso sarebbe miope e controproducente. Restiamo pronti a trovare una soluzione equa, ma se gli Usa decidono di imporre le contromisure autorizzate dal Wto, l'Ue non potrà che fare la stessa cosa". Secondo lei ha ragione? Cosa deve fare l’UE? Non chiudere a sua volta all’import o iniziare a tassare beni come i vini californiani, noccioline, i chewing gum e il tabacco? 

Escluderei la possibilità di una contro ritorsione che l’WTO non approverebbe, visto il nulla osta all’applicazione di dazi concessi agli USA. Porterebbe a una nuova fase di “guerra dei dazi” i cui esisti non solo non sono scontati, ma che ci porterebbe a una situazione simile a quella che ha prodotto questa infelice situazione.  Aprire delle negoziazioni, invece, appare la strada che dovrebbe essere percorsa. Una riflessione di tipo strategico poi non guasterebbe, nel caso si decidesse di agire applicando le contromisure tariffarie.

La lezione che può arrivare all’Europa deriva dalla guerra dei dazi con la Cina. La Cina ha reagito alle dichiarazioni di Trump sui dazi imposti (o minacciati) sui prodotti di origine cinese, affermando che avrebbe applicato la stessa misura sulle importazioni americane in Cina e, tra queste, quelle di soia.

L’effetto si è da subito manifestato con rilevanti riduzioni dei prezzi della soia americana, costringendo l’amministrazione Trump a controbilanciare le perdite dei farmer americani con l’esborso di ingenti risorse finanziarie. Gli stati che producono soia sono quelli in cui si concentrano gli elettori di Trump.

Questa guerra dei dazi è figlia o no di una politica di stampo sovranista?

La guerra dei dazi è figlia del sovranismo, ma la crisi della globalizzazione (eliminazione delle barriere al commercio) ha origini lontane. Questi fenomeni sono strettamente correlati, anche se è difficile distinguere tra causa ed effetto. Gli impatti negativi della globalizzazione potevano essere governati in un modo più equo ed equilibrato, ma del senno di poi sono piene le fosse. 

Secondo lei ci potrebbe essere da parte dell’amministrazione Trump la volontà di giocare la partita dei dazi su un campo anche differenti da quello del commercio. Si parla di una “partita della Difesa” visto che come ricorda Michael Richard Pompeo, detto Mike, è un politico e imprenditore statunitense, Segretario di Stato degli Stati Uniti  “L’Italia gioca un ruolo cruciale per assicurare il fianco sud della Nato, attraverso la sua presenza in Libia, in Iraq, Kosovo, Libano e Afghanistan"?

Penso che Trump voglia giocare la partita su altri tavoli e che i dazi rappresentino in qualche modo la posta in gioco: nel caso del Messico ha utilizzato quest’arma anche per cercare di fermare l’immigrazione illegale.

Pericoloso potrebbe essere un accordo bilaterale, più o meno esplicito, tra USA e Italia mirato a influenzare la lista dei prodotti europei da sottoporre a dazio.

Indebolirebbe, inoltre, l’UE unica forza che può concretamente contrastare il presidente americano e l’Italia nel contesto europeo. 

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