Il paradosso della fertilità in Cina: riflessioni a partire da Nancy Qian

Il paradosso della fertilità in Cina: riflessioni a partire da Nancy Qian

La professoressa Nancy Qian, economista della Northwestern University, co-direttrice del Global Poverty Research Lab e fondatrice del China Econ Lab da anni analizza lo sviluppo economico e sociale della Cina. Il suo pezzo, “China’s Fertility Paradox”, mette in luce una delle contraddizioni più profonde del futuro cinese: senza più figli non c’è crescita, ma senza crescita economica le famiglie non vogliono avere figli.

Qian parte da una fotografia della vita quotidiana: in Cina l’estate non è tempo di svago, ma di studio forzato. Le madri di studenti che si preparano alla scuola media passano mesi a seguire corsi e compiti, spesso dopo giornate di lavoro già estenuanti. La pressione del sistema educativo è enorme, perché solo una parte dei ragazzi riesce ad accedere alle scuole che aprono le porte all’università. È una corsa al successo che logora famiglie e, soprattutto, le donne.

In questo contesto, non stupisce che la fertilità cinese sia crollata a un figlio per donna. Sempre più giovani dichiarano di non voler diventare genitori: pesano i costi economici, la paura per il futuro e il timore di non poter offrire ai figli un’esistenza dignitosa. E i dati confermano l’angoscia: secondo un sondaggio citato da Qian, per mantenere un figlio servirebbero entrate mensili tra i 4.000 e i 7.000 dollari, mentre il reddito medio disponibile è di appena 572 dollari nelle aree urbane e 228 in quelle rurali.

Le politiche pubbliche cercano di reagire. Il governo ha esteso i congedi parentali, introdotto sussidi per la prima infanzia e imposto agli ospedali di offrire epidurali per ridurre la paura del parto. Ma, osserva Qian, questi interventi non affrontano il nodo centrale: la scarsità di lavori stabili e ben retribuiti. È questa carenza di prospettive che alimenta la sfiducia delle famiglie e frena le nascite.

Qui sta il paradosso: per incentivare la natalità servirebbe un’economia più dinamica e capace di creare occupazione qualificata. Ma, al tempo stesso, per crescere l’economia ha bisogno di una base demografica ampia e sostenibile. La Cina rischia così di trovarsi intrappolata in un circolo vizioso, simile a quello che ha segnato il Giappone, con una generazione di stagnazione.

La riflessione di Nancy Qian ci invita a guardare oltre la retorica dei “bonus bebè” o delle campagne di propaganda pronatalista. Il problema non è solo convincere le donne a fare figli, ma creare un contesto economico e sociale che renda desiderabile e possibile il progetto di una famiglia. In Cina, come altrove, il futuro della demografia e quello dell’economia sono intrecciati. E la sfida più urgente non è contare quanti figli nasceranno, ma costruire le condizioni perché chi nasce possa davvero vivere meglio.

 

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