L’IA e lo spettro del 1929

L’IA e lo spettro del 1929

di redazione

L’entusiasmo per l’intelligenza artificiale ha proiettato i mercati azionari verso nuovi record. Ma tra i giganti di Wall Street cresce l’inquietudine: la storia insegna che dietro ogni boom può celarsi una bolla pronta a esplodere.

Nel 1929, il crollo di Wall Street travolse risparmiatori e banche, aprendo la strada alla Grande Depressione. Oggi, a un secolo di distanza, il nuovo libro di Andrew Ross Sorkin, 1929, riporta a galla quella lezione: la fiducia cieca nei mercati, alimentata da innovazioni percepite come rivoluzionarie, può generare illusioni collettive.

Negli anni Venti era la radio a promettere un futuro luminoso; oggi è l’intelligenza artificiale. Le azioni di aziende come Nvidia, Google e OpenAI hanno registrato crescite vertiginose, sostenute da previsioni di profitti ancora incerti. Ma, come allora, le valutazioni record non sempre riflettono la realtà economica. Secondo la Banca d’Inghilterra, i rapporti prezzo/utili delle società tech americane hanno ormai raggiunto livelli simili a quelli della bolla delle dot-com.

C’è chi invita alla prudenza. I CEO di Goldman Sachs e JPMorgan hanno avvertito che un “controllo” dei mercati è inevitabile. E alcuni accordi tra colossi tecnologici ricordano le “transazioni circolari” dei primi anni Duemila, dove il denaro tornava a girare su se stesso.

Sorkin racconta come l’euforia e l’avidità di Wall Street abbiano più volte distorto il giudizio di banchieri e investitori. Allora come oggi, la promessa di una rivoluzione economica si intreccia con il rischio di un collasso sistemico.

L’IA potrebbe davvero trasformare l’economia globale o rivelarsi, come nel 1929, un pallone troppo gonfio per non scoppiare. 

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