Intervista a Roberta Pandolfi a cura di Antonella Vitelli
Ci sono luoghi che non si limitano a custodire mura e travi, ma trattengono un respiro profondo, fatto di lavoro, sogni, cadute e rinascite. L’Ex Lanificio Carotti di Fermignano è uno di questi. Nato come cartiera del Ducato di Urbino, sulle rive del Metauro, ha attraversato i secoli cambiando pelle senza mai perdere il suo legame con l’acqua. All’inizio del Novecento la famiglia Carotti lo trasformò in lanificio e il complesso divenne presto motore produttivo di un territorio capace di coniugare abilità artigiana e spirito imprenditoriale. Ma, come spesso accade, la parabola industriale non fu eterna: la crisi del tessile, i mutamenti del mercato, la concorrenza crescente e il cambiamento nei consumi portarono, a partire dagli anni Settanta, a un lento declino.
Le macchine si fermarono, i capannoni si svuotarono e un silenzio ostinato prese il posto del frastuono dei telai.
Oggi, però, quel silenzio è stato rotto da un coraggioso progetto di recupero e riconversione. L’ex lanificio è diventato un esempio virtuoso di archeologia industriale che non si limita a conservare le tracce del passato, ma le reinterpreta.
Le sale luminose, le grandi finestre, le strutture in mattoni e ferro si sono trasformate in contenitori di cultura, luoghi dove memoria e futuro dialogano. È proprio questa capacità di metamorfosi a rendere il Carotti un simbolo: la testimonianza che il tempo non è solo usura, ma anche possibilità. In questo scenario prende vita la prima edizione di Suono Futuro, festival di musica contemporanea promosso da Orchestra Olimpia e ideato da Roberta Pandolfi, Raffaele Damen e Danilo Comitini. Una rassegna che si distingue per l’identità forte e coraggiosa, capace di intrecciare ricerca musicale, valore simbolico dei luoghi e riflessione sul presente, con l’idea che la cultura sia quell’atto capace di trasformare le rovine in radici.
Abbiamo parlato con Roberta Pandolfi, direttrice artistica del festival e pianista italiana, attiva come solista e camerista nel repertorio contemporaneo.
Roberta come nasce il progetto "Suono futuro"?
Suono Futuro nasce un gruppo di amici e colleghi, io, Danilo Comitini e Raffaele Damen. Siamo legati da una lunga amicizia ma anche da un percorso professionale iniziato al tempo dei nostri studi in conservatorio, a Pesaro, e poi proseguito floridamente anche dopo gli studi.
Abbiamo sempre desiderato creare uno spazio musicale di cui prenderci cura e dove portare la nostra idea di musica contemporanea.
Io sono pianista, Raffaele e fisarmonicista e Danilo un compositore, la musica contemporanea è parte integrante della nostra vita, è un universo variegato e interessante e quello che ci preme è sprigionare il suo potenziale, soprattutto in una terra come la nostra, la Provincia di pesaro e Urbino, dove le iniziative non sono così numerose nè strutturate.
Un festival è l'occasione per creare una comunità, fatta di artisti e di persone che frequentano la manifestazione. Ci vuole tempo ed è una scommessa. I concerti di musica contemporanea sono scarsamente frequentati, negli ultimi 50-60 anni il pubblico si è allontanato da questa programmazione, perchè la trovata troppo complessa e poco godibile. Ora, nel 2025, è giunto il tempo per compositori, artisti e pubblico di tornare ad essere tutt'uno, citando il Maestro Luigi Livi, un triangolo dove su ogni vertice ci sono proprio queste tre entità.
Per far sì che questo accada, è necessario proporre una musica che sia davvero in grado di parlare al presente, scritta e fatta da giovanissimi, e quando anche è interpretata da grandi personalità, che sia intrisa di sentimenti collettivi e che sperimenti l'interazione con altre forme d'arte e altri stili musicali. Per questa prima edizione, speriamo di aver reso questa proposta al meglio.
L'Ex Lanificio Carotti inoltre è il posto ideale per rivoluzionare e modernizzare anche il concetto di "sala da concerto" e di fruizione della musica.
Quali saranno i momenti di maggiore intensità del festival?
Il clou della manifestazione è sicuramente la commissione che abbiamo fatto a Maria Placido, 22 anni, lucana. Per Suono Futuro ha scritto "invisibili", melologo per voce recitante e percussioni, dedicato al ricordo delle donne partigiane ed interpretato da Viviana Garbetta alle percussioni e dall'attrice Pamela Olivieri. Poesie, racconti, stralci di lettere daranno voce e memoria a Jole Baroncini, Renata Viganò, Teresa Browowicz, Miriam Mafai, Luigia Bimbi e Carla Capponi.

Questa serata è incastonata tra due gemme di altissimo valore. Il concerto di inaugurazione di Erik Bertsch, acclamato interprete di musica contemporanea, vede anche l'esecuzione in prima italiana del brano Trascendental Etude di Liza Lim, dedicato alle donne iraniane del movimento Donna, Vita Libertà. Per eseguirlo, Bertsch si avvale oltre che del pianoforte anche dello shruti box, un organetto portatile della tradizione indiana. L'ultima sera chiuderà Claudio Jacomucci, fisarmonicista noto a livello mondiale, che incarna una particolare tipologia di musicista: il musicista compositore. Fatta eccezione al brano della greca Aspasia Nasopoulou che celebra la libertà con Garcia Lorca, Jacomucci eseguirà solo sue composizioni tra cui Le Città Invisibili, dedicato ad Italo Calvino, Fischia il vento, scritto appositamente per questa occasione. Non solo fisarmonica, ma anche fisarmonica microtonale e canto difonico.
Crediamo fermamente di aver programmato tre serate molto speciali e molto diverse tra loro, ognuna con la sua indipendenza e forza, ma profondamente connesse attraverso un tema collettivo e profondamente radicato nell'animo umano: la libertà e l'autodeterminazione.
La rassegna si muove sotto il segno delle Liberazioni, richiamando non solo la memoria delle donne partigiane ma anche l’idea più ampia di resistenza e autodeterminazione. In un presente attraversato da conflitti ancora aperti, penso anche alla questione palestinese, come può l’arte farsi spazio di riflessione e di liberazione collettiva, capace di dare voce a chi oggi lotta per i propri diritti e per la propria dignità?
L'arte non solo può, ma deve farsi spazio di riflessione e di liberazione collettiva.
L'artista è un medium, guida un sentimento o squarcia un silenzio.
Certamente senza un pubblico pronto ad ascoltare non si crea nessun patto. Per questo è necessario uscire dai soliti confini ed offrire ben più di una ragione per andare ad un concerto. Bisogna avere il coraggio di programmare della musica che sia ben più di sole note, che sia inaudita e che parli chiaramente di sogni collettivi, bisogna avere il coraggio di esibirsi sopra una cascata anziché in un teatro e infine dico che bisogna anche avere il coraggio di parlare di Resistenza e di intitolarsi "Liberazioni".