"Di essere sempre terra e mare". Intervista immaginaria a Partenope

"Di essere sempre terra e mare". Intervista immaginaria a Partenope

di Gioconda Fappiano, Napoli, settembre 2021

Partenope la bellissima, dal volto virginale e dalla voce di fanciulla, è distesa sugli scogli e si gode il tiepido sole settembrino. Napoli splende ai piedi del Vesuvio. Ammaliante e indomabile, la città attende di sapere quale sarà il suo prossimo governo.

Tutti parlano di Napoli come una città ma Napoli è un regno. Chi non capisce questo non sarà mai all’altezza di governarla.

La sirena legge il mio stupore per le sue parole e continua a parlare.

Uccisa da un uomo, ho fondato un regno racchiuso in una linea di fuoco che disegna le acque. Tra mare e lava si è disteso il mio corpo di donna e di pesce, femmina e regina.

Dunque il primo sangue versato su questo regno, come tu lo definisci, è quello di una sirena, di una donna.

Ulisse il multiforme, che errò per tanto tempo dopo che distrusse Troia, quando giunse presso le acque dove regnavo con le mie sorelle Ligea e Leucosia, per non rimanere ammaliato e ucciso dal suono di miele della mia bocca, si fece legare all’albero maestro della sua nave. Mi avvicinai a lui per sedurlo ma ne rimasi folgorata. Ci guardammo a lungo negli occhi : non lui, Ulisse, ma io, Partenope, sarei morta per il nostro amore.  Il mio corpo senza vita scivolò giù negli abissi, ma le creature del mare lo portarono sulla costa che lentamente lo assorbì cambiando la sua forma e dando vita a Neapolis.

Per questo Napoli è donna di terra e di acqua, protesa verso il mare come una madre per stringerlo tra le braccia, e invasa dal fuoco tellurico del sentimento e della passione all’ombra del Vesuvio.

Come mai sei caduta così facilmente nella trappola tesa da un uomo?

In realtà ho giocato una partita con un’altra donna, molto più scaltra di me ed ho perso. Nelle sue imprese Ulisse è stato sempre consigliato da Atena, la sua protettrice, la dea che ha rinunciato al suo lato femminile e che ha istruito Pandora adornandola di tutti quegli artifici che potessero ingannare un uomo. Partecipando alla creazione della prima donna, Atena le ha conferito una “metis” innata, un’intelligenza vivace, pratica, sia essa malvagia o benefica, per sopravvivere in un mondo maschile. E di questo dolce e attraente malanno gli uomini non possono fare a meno per perpetuarsi, per procreare, per generare. Tramite la donna, sua perfetta e ammaliante creazione, Atena ha sempre svolto il ruolo di unica mediatrice nella storia dell’uomo. 

San Gennaro però è il vero dio di Napoli e il signore assoluto della devozione partenopea. La liquefazione del suo sangue è famosa in tutto il mondo e per i napoletani foriera di ricchezza o di sventura.  Meno si parla di te, Partenope, la sua fondatrice.

Cosa vuoi che ti dica? Che la storia ufficiale l’hanno scritta gli uomini? Anche Patrizia, la santa compatrona di Napoli, elargisce la bellezza di una fluidificazione alla settimana, un’enormità rispetto alle tre che san Gennaro compie in un anno. Eppure è un maschio quello che viene indicato come il detentore del primato in questo campo.  Evidentemente anche nella gerarchia cristiana dei miracoli, le donne devono faticare molto di più per dimostrare la loro potenza o la loro santità.

Ma, secondo te, perché i napoletani invocano sempre i morti?

Questo popolo nobile e lazzaro, raffinato e sguaiato, vive da sempre immerso nella speranza del miracolo, di una magia che possa dare una svolta ad un’esistenza miserabile spesa tradizionalmente nell’arte dell’arrangiarsi. E il dono del miracolo lo fanno i morti che, continuando a vivere nel dialogo costante con i vivi, intervengono nelle situazioni critiche a sostegno della comunità.

Per questo i napoletani hanno sempre commerciato con l’aldilà e agli dèi pagani o ai santi cristiani hanno sempre tributato onori in cambio di interventi salvifici nella perenne lotta per la sopravvivenza.

“Vedi Napoli e poi muori”. Così, forse, disse Goethe, affascinato dal paesaggio, dall’arte, dalla cultura di questa terra. Come mai però così tanta bellezza non riesce a salvare Napoli?

Napoli è il regno più bello e raccontato del mondo, ma spesso narrato male. Il traffico delle ombre della Malanapoli della camorra, della delinquenza, della corruzione, della sporcizia, del caos, del traffico e dell’imbroglio sono piaghe che ci portiamo dietro da secoli, che non ci fanno onore e che vanno sradicate. Ma quante di queste cose sono comuni ad altre grandi realtà metropolitane? 

Perché dici che la bellezza non riesce a salvare Napoli? É invece proprio grazie alla grande bellezza di questa terra che il popolo resiste e si rigenera anche attraverso le ombre, quelle ancestrali delle Madri pagane che l’hanno abitata e che adesso si nascondono sotto i templi cristiani. Lo splendore di Napoli sta nella soglia invisibile tra la vita e la morte, nella natura bella e terribile che la circonda, nella creatività e nel talento di chi resta e scommette ogni giorno sulla speranza del cambiamento avendo cura del passato e guardando al futuro. Napoli si può amare o odiare, ma non lascia indifferenti.

Napoli è il regno degli opposti che vivono l’uno affianco all’altro e che se spesso si mescolano armonicamente: paradiso e inferno, bene e male, maschile e femminile.

Questo perché Napoli è il regno del caos fecondo, produttivo e geniale. Hai mai sentito parlare dell’uovo cosmico? Nel caos primigenio Ofione, con forma di serpente, covò tra le proprie spire l’uovo che ha in embrione tutte le cose esistenti. Nell’uovo dischiuso, di natura androgina, maschile e femminile, è la totalità della vita. Non a caso, Virgilio Mago, il poeta alchimista depose un uovo in una caraffa di cristallo e lo nascose nell’isolotto di Megaride, il luogo che accolse me, Sirena morente e sul quale fu poi costruito Castel dell’Ovo. Una gabbia di ferro lo protegge perché una profezia dice che se l’uovo dovesse rompersi Napoli sarebbe distrutta. 

A proposito dell’uovo, mi viene in mente Pulcinella, spesso raffigurato mentre esce da un uovo.

In nome stesso te lo dice. Pulcinella deriva da "pulcinello" ovvero piccolo pulcino, dalla voce stridula, quasi un pigolio, e dalla maschera prominente a forma di becco. Anche i cristiani hanno assunto l'uovo come simbolo di resurrezione tanto che a Pasqua torna in numerosi cibi, come tortani e casatielli che vengono portati in alcune parti della Campania in dono alla Madonna delle Galline.  L'uovo è una figura perfetta per Napoli perché è precario.  Pulcinella, nato da un uovo, è infatti il bianco e il nero, la luce e le tenebre, come i colori del suo vestito. Creato da due streghe che chiesero il permesso di comporlo a Plutone, dio degli inferi, affronta sempre situazioni estreme, tra la vita e la morte.

Il dono più grande che Partenope ha fatto alla sua Napoli è?

Il canto che affascina. Napoli è il regno della poesia della musica che le invidiano anche gli déi. 

Quale augurio ti senti di fare a Napoli in un momento così particolare?

Di realizzare le sue promesse ricordandosi che è regina. Di non abbandonare il sogno, ma di essere capace di leggere la realtà. Di essere sempre terra e mare.








 

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