Il miracolo azzurro: intervista immaginaria a San Gennaro

Il miracolo azzurro: intervista immaginaria a San Gennaro

Intervista immaginaria di Gioconda Fappiamo

Da tempo desideravo visitare il duomo di Napoli. Approfitto del fatto che per le strade si festeggia la vittoria dello scudetto tanto agognato, e mi ritrovo faccia a faccia con San Gennaro nella chiesa deserta. Vado dritta al punto, sperando che il Santo, infastidito, non mi mandi via. La prima domanda che gli rivolgo è una bella provocazione.

«San Gennà, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma 'na finta e Maradona squaglia o' sanghe dint 'e vene».  Questa battuta, la dice lunga sul fatto che il sangue a Napoli non lo sapete sciogliere solo voi. Maradona è oramai un santo, a furor di popolo, invocato soprattutto ora con la vittoria del terzo scudetto. 

Cominciamo a precisare subito una cosa. A me Maradona sta simpatico assai e se lo invocano per lo scudetto del Napoli mi sta benissimo. Io sono affollato di richieste di ogni specie e un aiutante, anche se laico, mi serve Poi, nel suo caso, il sangue che si scioglie non è il suo. Attenzione, è quello dei tifosi!  Tengo a dire che io sono stato il primo a jettà o sanghe, a buttare il sangue a Napoli. Fui decollato a Pozzuoli nel 305 durante la persecuzione di Diocleziano e il mio sangue, raccolto in un’ampolla, si sciolse il 16 agosto del 1389. Poi mi imitarono san Giovanni Battista, santa Patrizia,- compatrona di Napoli -  fino a Lorenzo, Pantaleone e Stefano il Protomartire. Tutte ottime imitazioni, per carità. Ma io sono stato il modello principale, quello che ha iniziato. Napoli, cara signora, è città di sangue. Anzi, la città dei “sangui”.

Sarà per questo, allora, che una delle maledizioni ricorrenti in napoletano è proprio Puòzze jettà o sanghe? Eppure questa non dovrebbe essere espressione di malaugurio, ma addirittura un’espressione santa!

Il sangue è simbolo di morte ma anche di vita. Il mio sangue, quando sta secco e rappreso nel reliquario è il sangue di un morto, non c’è dubbio.  Ma quando ribolle e diventa liquido è sangue vivo.  Napoli gioca continuamente questa partita tra la vita e la morte. Si passano la palla. A proposito dello scudetto, avete visto quanti striscioni dedicano la vittoria a quelli che non hanno potuto vedere questo giorno? I vivi e i morti a Napoli fanno pure festa insieme.  Abbiamo festeggiato lo scudetto anche nell’aldilà.

Però molti hanno provato a dimostrare che la questione del sangue che si scioglie ha una spiegazione scientifica. Uno di questi fu Raimondo Di Sangro, principe di San Severo, che lo dimostrò “in vitro” affermando che il miracolo poteva ripetersi ogni volta che si voleva nel suo laboratorio.

Ma tu lo sai il rischio che corse il caro Raimondo mettendosi in questo modo contro di me, offendendomi nell’onore? Lui si scusò dicendo che voleva solamente dimostrare, non provocare.  Se la cavò solo perché era amico del re, Carlo III. Ma poi, dico io, tu sei uomo di scienza? E occupati della scienza tua, lascia stare i miracoli miei, che non sono cosa per te. Cosa volevi fare: la scoperta dell’acqua calda?  La fede è un’altra cosa. La fede è prodigio, fiducia, speranza soprattutto. E Napoli ha bisogno disperato di speranza.

In questi giorni qualcuno storce il muso per i festeggiamenti del terzo scudetto. La città ha tanti problemi irrisolti e pare che ai napoletani importi solo dello scudetto. Lei che è il protettore della città come risponde a queste critiche?

Intanto lo scudetto non lo sta festeggiando solo Napoli e i napoletani, ma il mondo intero, segno che questa città è molto amata. Su Napoli poi ci sono troppi luoghi comuni. Ad esempio il fatto che è una città caotica e senza regole, una città ingovernabile, la città della cultura del raggiro e della camorra. Certamente è una città su cui tanti, nel corso della storia, hanno voluto mettere le mani.  Ma è anche una città generosa, accogliente, ricca di bellezza, di arte e di cultura, capace all’occorrenza di rialzarsi, come già ha fatto tante volte. Lasciate che i napoletani festeggino in pace il traguardo dello scudetto, che siano orgogliosi della loro città e che si rimbocchino le maniche per continuare a lavorare.  Ha detto bene l’attuale Vescovo di Napoli, monsignor Battaglia: “Se lo sport, come spesso si dice, è la metafora della vita, allora questo vuol dire che Napoli, e non solo la sua squadra, può vincere il campionato della storia e le partite della vita”.

Come sarà la processione di dopodomani, quando compirete il miracolo di maggio?

Quest’anno sarà trionfale, festeggeremo un doppio miracolo. Ho già detto alle statue dei diciassette compatroni che sfileranno con me in processione fino alla basilica di Santa Chiara di prepararsi per tempo per fare bella figura. Già mi vedo portato in trionfo per le strade piene di bandiere, festoni e drappi azzurri. Altro che Paradiso!

 

Qual è il miracolo che lei non ha ancora compiuto per Napoli?

Mi piacerebbe tanto che Napoli fosse riconosciuta da tutto il mondo “Capitale della Pace”. Questo però è un miracolo che da solo San Gennaro non può fare: servono braccia, mani, cuore e musica. Sono certo che i napoletani mi aiuteranno e prima o poi anche questo miracolo si compirà.

A conclusione di questa breve chiacchierata, vuole aggiungere qualcosa?

Forza, Napoli. Sempre! E i numeri? Quelli non me li chiedi?

La prossima volta. Sarà l’occasione buona per rivederci.

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