Intervista del 10 dicembre 2020
Nato a Singapore da madre per metà malesiana e per metà britannica e da padre pugliesi, Riccardo Schirinzi in arte Charlie Davoli è un fotografo e artista che ricorda ed evoca tante cose. Evoca De Chirico, Magritte, Warhol e in una chiave meno apocalittica anche David Mach. Le sue rappresentazioni hanno un andamento surrealista, fluttuante e svincolano il reale dalle categorie mentali a cui siamo abituati. Treni che volano, uomini che nuotano nei cieli delle città, metropolitane invase di verde e popolosi villaggi sovralunari con bagnanti coricati sulle nuvole alla ricerca della tintarella perfetta.
Nel mondo di Charlie terra e cielo sono invertiti e il concetto stesso di gravità diventa relativo. Paradossi, parentesi surreali e paesaggi onirici possibili grazie ad una personalissima immaginazione e programmi di editing come PsTouch, iDesign, Superimpose, MatterApp e Mextures. L'abbiamo intervistato per capire come sta vivendo questo periodo.
Charlie cosa vuol dire in questo periodo essere un “surrealista”? Come si creano cose surrealiste?
Oggi il termine “surrealista” potrebbe suonare anacronistico. Per convenzione, certamente, viene piû facile collocare stili o tendenze all’interno di quelle conosciute e storicizzate piuttosto che definirne di nuove. Credo, nonostante tutto, che una matrice comune esista tra l’espressione visiva attuale e quelli che furono i principi del movimento artistico dei primi 900 ovvero la critica radicale alla razionalità cosciente, attraverso una ribellione alle convenzioni culturali e sociali.
Dico spesso che mi piace ironizzare sulla realtà attraverso la fotografia, alterando lo schema visivo, invertendo le leggi della fisica, capovolgendo significati e concetti, deprivandoli di quelle che sono le accezioni convenzionali. Tutto questo con lo scopo di creare giochi di incastri visivi, volti ad innescare un’epifania, un risveglio delle coscienze purtroppo intorpidite in una condizione di esistenza stereotipata, priva di alcun atteggiamento critico.
Nuotare in un solido, poter camminare su corpo liquido, rendere tangibile un elemento gassoso, sono tutti paradossi che la scienza definirebbe impossibili in natura, ma che per me non sono altro che spunto da cui partire per creare mondi surreali.
Visto che ne parli io mi addentro. Quali sono secondo te le convenzioni culturali e sociali alle quali dovremmo ribellarci? E l'arte potrebbe aiutare nel compito di scardinarle?
Ciò che è convenzionale, spesso è frutto di un percorso empirico, altre volte è frutto di un’imposizione, ebbene è in quest’ultimo caso che si assimilano passivamente le informazioni. Viviamo in una società complessa, consumistica e allo stesso tempo multimediale e iperconnessa, in cui l'individuo si ripete in uomo massa, in uomo moltiplicato. Come si arriva a questa standardizzazione? Osannando gli stessi idoli, per esempio, o guardando le stesse cose o pensando allo stesso modo o mangiando la stessa minestra, tutti.
Mi piacerebbe essere ottimista, pensando che l’arte in qualche maniera, potrà un giorno innescare la scintilla in grado di risvegliare le menti sopite. Mi rendo conto purtroppo che, in secoli e secoli di storia dell’umanità, nonostante gli innumerevoli capolavori artistici così immensi da sfiorare persino il divino, l’essere umano non ha mai smesso di anteporre il proprio ego allo spirito, manifestando di essere capace sempre di comportamenti contorti e irrazionali.
Senti, ma come hai vissuto e come stai vivendo questi mesi di pandemia? C’è qualcosa di buono che senti di aver tirato fuori da questa esperienza. Esperienza surreale per restare in tema.
Questi mesi di stop, personalmente, non hanno granché cambiato le mie abitudini, già poco inclini alla socialità. In questo rallentamento mi sono curato poco di spremere a tutti i costi la parte creativa, preferendo di gran lunga la rigenerazione della mia dimensione domestica, permettendomi di vivere con lentezza gli affetti in casa, di dedicarmi alla cura del verde o godendomi, in tutta tranquillità, un buon film con mia moglie accompagnato da buon rosso.
Uno delle tue ultime raccolte, NATURE'S DYSTOPIAN NATURE, ancora work in progress da quel che si evince, concerne la natura. Dalle immagini viene fuori una natura rigogliosa, onnipresente, anche prepotente. Appena usciremo da questo periodo drammatico ci saranno tante cose che dovremo cambiare, anche rispetto all’ambiente che ci circonda. Tu come la vedi? Quale sarà secondo te la parola chiave da fare nostra per il prossimo futuro?
L’attenzione, nelle mie ultime raccolte, è rivolta all’essere umano a volte incurante di qualsiasi conseguenza generata dalle sue azioni e, allo stesso tempo, privo di qualsivoglia cura e rispetto verso tutto ciò che gli è intorno, inclusi i propri simili. A questa prepotente manifestazione del genere umano si contrappone la natura, con la sua presenza, passami l’ossimoro, “innaturale” dopo tutti gli abusi subiti.
Tutto questo accade sotto i nostri occhi incapaci di guardare oltre il misero tornaconto personale, occhi assuefatti a uno scenario così truce da percepirlo come “normale” e “necessario”. Mi piacerebbe pensare che possa esistere un modo per prendere coscienza di tutto questo. Sarebbe bello se, da qualche parte dentro di noi, ci fosse un tasto RESET.
Le opere su www.charliedavoli.com