Se c’è un teatro che risulta saldamente politico, sociale, nonostante voglia essere soprattutto artistico e dissacrante è senza dubbio quello che si ispira a Mario Mieli. Oggi Mieli dalla vetero-cultura italiana viene ancora considerato un personaggio scomodo e dimenticato, quasi rimosso, ma studiato nelle Università di Francia, Germania e Stati Uniti per i suoi rivoluzionari scritti che anticipano di quarant’anni gli studi sull’identità di genere e la sessualità.
Irene Serini ha deciso di ridargli vita con uno spettacolo chiamato Abracadabra. Incantesimi di Mario Mieli, prodotto da Maurizio Guagnetti, che Progetto Cantoregi ospita alla Soms di Racconigi questo novembre. Si tratta di un monologo che vede protagonista un folle lucido dall'indefinita identità sessuale e un pensiero rivoluzionario che ha indagato il difficile rapporto con la femminilità, propria di ogni essere umano, con l'identità di genere e con il desiderio represso.
Irene perché l'opera di Mario Mieli è apprezzata all’estero in università francesi, tedesche e statunitensi e in Italia appare ancora poco considerata?
Domanda difficile. Ipotizzo che il titolo della sua tesi di laurea, pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1977: Elementi di critica omosessuale, possa essere stato in parte responsabile di questo processo di rimozione non troppo velata. Inoltre definire Mario Mieli ideologo del movimento gay in Italia senza indagare a fondo l’eclettismo della sua persona e del suo pensiero, può aver indotto chi omosessuale non si sentiva a considerarsi esonerato dall’argomento. In verità non solo di orientamento si parla in questo libro, ma anche di femminilità espressa (o repressa) in ogni essere umano, e di economia, coi suoi annessi e connessi in termini di regolamentazione sessuale. Come mi disse ai tempi Lia Cigarini, grande amica di Mieli e co-fondatrice della Libreria della donne di Milano: Quella di Mario non era solo una battaglia per i diritti dei gay, era un battaglia per la libertà di tutti. Detto ciò vien fatto di pensare che all’estero la parola omosessuale non sia ghettizzante come nel nostro Paese.
Come è maturata l'idea di sviluppare e raccontare il pensiero di Mieli attraverso il linguaggio del teatro?
Tutto il mondo è teatro diceva quello…
Essere uomo rispetto all’essere maschio, ed essere donna rispetto all’essere femmina, prevede una rappresentazione. Abbiamo i nostri costumi di scena e quotidianamente ci occupiamo di trucco e parrucco. Ma il teatro può anche svelare la differenza tra realtà e finzione, farci vedere cosa c’è dietro le quinte, il volto oltre la maschera, e il divertimento d’ indossarla… sapendo che di maschere si tratta, appunto. Mario Mieli fu anche attore, e spesso utilizzò il teatro per esprimere il suo pensiero - Le théatre Mario, le théatre! Luogo ove si può dire il vero, l'unico ove non sia proibito esprimersi con una certa libertà in pubblico. - bella frase di Denis Robert riportata da Mieli in più contesti.
Cosa sono gli #Studi e come vengono affrontati rispetto alle diverse tematiche del pensiero di Mieli?
Il primo studio è di 20 minuti soltanto. Si tratta di un istante vorticoso in cui il pubblico viene investito da frasi e domande sorprendenti. Capovolge equilibri mentali legati alla sessualità e alle sue rappresentazioni. Lo studio #2 e #3, rispettivamente di 40 e 60 minuti, si occupano di dare respiro, di elaborare e radicare un pensiero, aprendo parentesi interne alla struttura originaria. Così facendo il pubblico viene messo in relazione con quei luoghi del pensiero di Mieli, in cui potersi riconoscere a dispetto delle provocazioni evidenti in prima battuta. A Racconigi, sabato sera, presenteremo lo studio #3, il più elaborato del percorso, che affronta Mario Mieli a tutto tondo. A maggio 2020 presenteremo lo studio #4, al Teatro Litta di Milano, che indagherà più dettagliatamente i legami tra sessualità e potere economico. L’ultimo incontro si compirà con lo studio #5 che affronterà il tema dell’educazione del bambino… e della bambina. Abbiamo pensato ad un percorso a tappe anziché ad uno spettacolo compiuto e definito, perché ci sembrava la giusta formula per avvicinarci ad una materia in movimento. In fin dei conti anche se Mario Mieli ha deciso di suicidarsi a soli trent’anni, il suo pensiero è ancora vivo, incandescente e rotante.
Irene come ci si documenta per affrontare un lavoro di questo tipo? Tu come ti sei documentata?
Leggendo, oltre il già citato Elementi di critica omosessuale, tutto quel che è stato pubblicato relativamente a lui. Incontrando chi gli fu vicino, per quanto possibile ovviamente. Tanto per fare alcuni nomi: Milo de Angelis, Marc de’ Pasquali, Franco Buffoni, Lia Cigarini, Rosaria Guacci, e Silvia de Laude che ne è profonda conoscitrice pur non avendolo mai incontrato direttamente. A lei si deve un prezioso libro di piccole dimensioni e grandi concetti dal titolo Mario Mieli e adesso, edito da Edizioni Clichy, oltre che a un studio commovente che lega Petrolio di Pasolini a Il risveglio dei Faraoni di Mario Mieli.
Importantissimo è stato incontrare Paola Mieli, la sorella più vicina a Mario non solo in termini di età. E’ lei che si occupa di portare avanti l’opera di suo fratello dagli Stati Uniti, dove vive e lavora attualmente.
Nei tuoi spettacoli il pubblico viene disposto sempre in cerchio. Perché? E’ una modalità di coinvolgimento o c’è altro?
Il cerchio è un figura geometrica in cui ogni punto ha lo stesso potere di espressione rispetto agli altri, non c’è un vertice a stabilire chi governa su tutti. La ruota è uno strumento circolare, ruotando su se stessa ci fa andare avanti, nel vero senso della parola - andare avanti e non tirare avanti - per dirla con Mario Mieli. Inoltre il cerchio è bello perché si può fare anche senza compasso: come ci ha insegnato Giotto o chi per lui, e come i monaci zen mettono quotidianamente in atto. Noi il cerchio lo facciamo col pubblico. Così, una volta di più rompiamo la tradizionale prospettiva di sguardo proposta a teatro, e decostruiamo i ruoli che vogliono la divisione netta tra attore e spettatore. Stare sul palco, venire illuminato, ti mette in una condizione di partecipazione diversa… rivoluzionaria?
L’Espresso in un reportage di questo maggio ha individuato 50 episodi di grave discriminazione verso gli omosessuali, solo dall'inizio dell'anno. Cosa è accaduto? Come vivi nell'Italia del XXI secolo?
La violenza è una spinta che riguarda tutti noi da sempre e in entrambe le direzioni, la subiamo e la esprimiamo quotidianamente. Non tutti però sono messi nella condizione di trasformarla in altro, di incanalarla in atti che possano creare più che distruggere. Se accettiamo il pensiero di Mario Mieli secondo cui ogni essere umano comprende in sé l'eterosessualità e l'omosessualità allo stesso tempo, ed è maschio e femmina allo stesso tempo, ecco che fare violenza ad un omosessuale non significa più massacrare il cosiddetto diverso, ma scatenare violenza contro chi rappresenta una parte di noi. Vivo nel XXI secolo a Milano. Facendo teatro non posso che essere inadeguata alla vita. Ma credo con cocciutaggine inesauribile, nella possibilità di evoluzione umana.