Intervista a Luca Cupiello, alias Lucariello di Gioconda Fappiano
Natale in casa Cupiello, celebre commedia di Eduardo De Filippo, nacque tra il 1931 e il 1934, in pieno regime fascista, che esaltava la triade “Dio, Patria, Famiglia”. Tuttavia, la famiglia di Eduardo appare lontana da quel modello idealizzato: fragile e segnata da crepe profonde, riflette una crisi che sfida ogni retorica. Trasmessa spesso durante le festività natalizie, la commedia è diventata un appuntamento immancabile per generazioni di italiani, tanto da sembrare che senza di essa il Natale non fosse davvero Natale.
Il protagonista, Luca Cupiello, o Lucariello, è un tipografo di umili origini, capofamiglia di una borghesia napoletana in declino. Con il suo carattere bizzoso e i modi talvolta buffi, incarna il valore della tradizione, dedicandosi con entusiasmo alla costruzione del presepe, simbolo del suo legame con la famiglia e il Natale.
Natale in casa Cupiello è più di una commedia: è un ritratto umano, intriso di malinconia e umorismo, che tocca corde universali.
Luca Cupiello, o meglio Lucariello mi è venuto a trovare a casa il giorno dell’Immacolata mentre sono intenta a preparare il presepe. Vuole a tutti i costi darmi suggerimenti e consigli, spiegandomi passo passo il significato di ogni personaggio.
Quando prendo Benino, il pastore che dorme, il suo volto s’illumina.
Lucariello: Questo è il pastore che dorme, Benino. Un pastore giovane, un ragazzino. Lo sai perché dorme? Perché sogna il Presepe.
Autrice: Un sognatore, insomma. Proprio come te che in tutta la vita non hai fatto altro che aspettare Natale per realizzare il tuo presepe.
Lucariello: Perché lo dici con quella faccia contrariata? Che c’è di male a sognare e a costruire il presepe?
Autrice: Dimmelo tu. Il finale della storia di cui sei protagonista avrebbe dovuto insegnarti qualcosa. In casa Cupiello il Natale non è finito proprio bene.
Lucariello: E la colpa sarebbe mia? Io mi ero preparato a festeggiare il Natale come doveva essere, secondo la tradizione. Natale non è Natale senza la famiglia che si riunisce davanti al presepe e alla tavola con il capitone e festeggia la nascita di Gesù Bambino. Io volevo solo trascorrere una bella giornata con i miei cari, come deve fare un buon padre di famiglia, dando l’insegnamento.
Autrice: Peccato però che a tuo figlio Nennillo il presepe non è mai piaciuto e pure tua figlia Ninuccia, la figlia femmina adorata, in una scatto di rabbia a un certo punto l’ha rotto. Per tua moglie, poi, Natale è stato sempre un castigo di Dio.
Forse avevano ragione loro: il mondo perfetto del presepe non esiste, è folklore, e la realtà è ben diversa da quella che tu sognavi. Natale forse è un gioco di pupazzi.
Possibile che tu non ti sia mai accorto di quella che ti accadeva intorno? Hai mai veramente conosciuto i tuoi figli?
Lucariello: Fermati un momento. Mia moglie Concetta si deve prendere le sue responsabilità per non avermi mai detto niente. Si sa che i figli li crescono soprattutto le mamme, che ne conoscono gioie e dolori. I padri fanno i padri, lavorano e sbarcano il lunario, e le mamme fanno le mamme.
Autrice: E tu che padre sei stato? Un padre che non vuole affrontare la realtà lasciandola sulle spalle di sua moglie che da sola ha dovuto caricarsi della croce.
Lucariello: Concetta è stata una brava moglie, anche se il caffè l’ha sempre fatto una schifezza. Ci ha sempre accudito bene e ha fatto il suo dovere di madre. In famiglia ci deve sempre essere qualcuno con i piedi per terra. Voi donne, anche con i mariti, dovete essere sempre delle mamme.
Autrice: Peccato però che la tua maschera di padre di famiglia è stata poco credibile. Inoltre, con il tuo modo di fare sprovveduto hai provocato solo disastri. Inizialmente, hai dato a tuo genero Nicolino la lettera al cui interno tua figlia affermava di volerlo lasciare, e di amare solo Vittorio, poi hai invitato lo stesso Vittorio a cena. E infine, per non farti mancare proprio niente, hai dato la benedizione all’unione dei due amanti sul tuo letto di morte scambiando l’innamorato di tua figlia per suo marito. Con la tua inconsapevolezza hai messo gli uni contro gli altri.
Lucariello:
Ma se l’autore mi ha creato così, io che ci posso fare? Ancora aspetto che qualcuno cambi il finale. Che ne so! Che alla fine tutti vissero felici e contenti intorno al presepe.
Autrice: Ma ancora insisti? Ancora non vuoi vedere? Sei come Benino, il pastore che dorme e non vuole svegliarsi dal sogno. Tu non vuoi vedere la realtà. Quando la verità ti si è parata davanti, quando la maschera della bella famiglia è caduta, tu che hai fatto? Ti sei ammalato e ancora una volta hai chiuso gli occhi.
Lucariello:
Mi hanno isolato gli altri nel mio mondo, che è un mondo buono.
Il mio è un mondo di buone intenzioni, con tanti valori onesti che dobbiamo onorare sempre, soprattutto a Natale. Non posso io rinunciare a questo sogno.
Autrice: E allora per il resto dei giorni, dei disonesti, dei violenti, delle guerre, dei disastri, dei guai, chi dovrà occuparsene? Chi dovrà raccogliere i cocci del sogno per ricominciare? Chi dovrà sporcarsi le mani? Benino su questo presepe continua a dormire mentre tutto intorno crolla.
Lucariello: Ma io, in sostanza, che peccato ho fatto?
Autrice: Tu sei un maschio anziano, che però non è mai cresciuto. Ha detto bene il medico a Ninuccia alla fine della commedia:
Luca Cupiello è sempre stato un grande bambino che considerava il mondo un enorme giocattolo. Quando ha capito che con questo giocattolo si doveva scherzare non più da bambino ma da uomo… non ha potuto. L’uomo in Luca Cupiello non c’è. E il bambino aveva vissuto già troppo.
Peccato che il mondo non è un giocattolo ma molti bambini cresciuti, ancora oggi, pensano invece sia proprio così. A furia di giocarci lo romperanno.
Lucariello non mi ascolta più. Si mette a incollare dei vecchi pastori e a collocare la stella cometa sulla capanna. A lavoro finito, con aria complice, mi chiede:
Dimmi la verità, però, te piace o’ presepio?
Autrice: E sì. Questo Natale è come Dio comanda, co tutti i sentimenti si è presentato.