Milano, 11 Aprile 2019, Intervista di Silvia Sardi
È stato illuminante: entro al BARBUGATTI per fare un break dalle mille tentazioni visive di zona Tortona e scopro una mostra bellissima, quella di Stefano Prina.
I tuoi lavori sono impattanti, gli animali sono bellissimi, ma certamente sono gli occhi ad essere protagonisti: è vero?
Nasce tutto dall'occhio del mio cane, che aveva una malattia che gli aveva reso il bulbo oculare particolarmente sporgente, per cui quel suo occhio mi guardava e mi scrutava spesso, per cui ho deciso di rappresentarlo, per restituire quello sguardo, quella sensazione di "essere osservati" e interrogati.
Come diventi artista?
Da sempre, fin da bambino non vedevo l'ora di tornare a casa e andare a fare laboratorio con qualsiasi tipo di materiale che riuscissi ad utilizzare. Sono un artigiano, faccio tutto io.
Come lavori, le tue sculture sono realizzate in differenti materiali?
Molti dei miei lavori sono realizzati in resina acrilica, dipinti a mano e incastonati in “gusci” di legno. Lavoro anche con il bronzo, in particolare per gli anelli: ma non sono legato a tecniche ricorrenti, mi piace sperimentare così come per le collezioni in cuoio.
È fortissima la sensazione realistica e contemporaneamente straniante dei tuoi animali: perché?
Si possono trovare richiami cinematografici, letterari: gli animali ci circondano, sia nella vita che nell'immaginario.
Ho visto solo di recente il tuo progetto in stop motion "STOLEN EYE": quanto sei narratore?
Mi è subito piaciuta l'idea di realizzare una storia di terrore con quell'effetto di narrazione da"torcia elettrica in mano". Il progetto è nato con Andrea Mignolo di Blinking City: un finto trailer in stop motion ispirato appunto ai film di fantascienza anni ’50, frutto di una bella ricerca di stile e cliché della cosiddetta “golden age”.
Rettili, tritoni, capre, gufi, ma anche spettri e creature del futuro: un mondo immaginifico che tira dentro.